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Contratto di lavoro, le modifiche datoriali necessitano di consultazione sindacale

Contratto di lavoro, le modifiche datoriali necessitano di consultazione sindacale

Contratto di lavoro, le modifiche datoriali necessitano di consultazione sindacale:

Le modifiche datoriali al contratto di lavoro devono essere precedute dalla consultazione sindacale come per i licenziamenti collettivi, se tale variazione coinvolge un numero di lavoratori superiore al numero previsto per l’applicazione di tale procedura. È quanto deciso dalla Corte di Giustizia europea nelle sentenze C 149 del 2016 e C 429 del 2016.

E di cambi al contratto di lavoro ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (22.9.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Cambi di contratto, confronto obbligato”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Il datore di lavoro che intende modificare unilateralmente il contratto di lavoro in una sua parte essenziale deve svolgere le procedure di informazione e consultazione previste dal diritto comunitario per i licenziamenti collettivi, se tale variazione riguarda un numero di lavoratori superiore alla soglia prevista per l’applicazione di tali procedure. Inoltre, il licenziamento del dipendente che rifiuta la modifica peggiorativa delle proprie condizioni non ha natura disciplinare e deve essere computato ai fini del raggiungimento delle soglie che determinano l’applicazione delle norme sui licenziamenti collettivi.

Con due sentenze di contenuto analogo (cause C-149/16 e C?429/16) la Corte di giustizia europea ha affermato questi principi, che non hanno per il nostro Paese una rilevanza interna immediata – non cambiano, per intenderci, le norme della legge 223/1991 – ma che potrebbe stimolare una lettura estensiva delle regole esistenti, in quanto sembrano agevolare un’attrazione nelle procedure di licenziamento collettivo di fattispecie che non costituiscono licenziamenti in senso stretto.

La vicenda nasce dalla decisione di due ospedali polacchi, che avevano deciso, uno, di ridurre temporaneamente le retribuzioni del personale per un importo del 15% e, l’altro, di cambiare le regole per maturare il premio di anzianità. In entrambi i casi gli ospedali avevano avvisato individualmente i lavoratori, mentre non avevano avviato una procedura di consultazione sindacale.
Secondo la Corte di giustizia, questa scelta potrebbe configurare una violazione del diritto comunitario in quanto deve essere qualificata come «licenziamento» la scelta del datore di lavoro che proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni oggettive. Non rientrano, invece, nella nozione le modifiche che non abbiamo natura sostanziale.

La Corte, in questo modo, non prende posizione sul caso specifico, limitandosi a chiedere al giudice nazionale di valutare se la modifica proposta dall’ospedale polacco ha natura sostanziale; tuttavia, la Corte evidenzia che, in caso di esito positiva della verifica, le persone interessate dalla modifica contrattuale saranno computate ai fini del raggiungimento delle soglie che fanno scattare l’obbligo di svolgere una procedura collettiva. Va ricordato che, secondo la Direttiva 98/59, tale soglia è fissata a 20 lavoratori nell’arco di 90 giorni, con soglie inferiori per imprese che non superano i 100 dipendenti; il nostro Paese ha adottato soglie ancora più restrittive: 5 persone nell’arco di 120 giorni.

L’obbligo di avviare la procedura di consultazione, osserva ancora la Corte di giustizia, decorre dal momento in cui il datore di lavoro decide di notificare la modifica unilaterale, e non dopo che la stessa è stata proposta ai singoli lavoratori, in quanto la procedura sindacale ha la finalità di discutere anticipatamente tutte quelle misure aziendali che possono avere un impatto occupazionale su una pluralità di dipendenti.

Il giudice comunitario ricorda inoltre che – a prescindere dalla valutazione circa la natura sostanziale o marginale della modifica – l’eventuale licenziamento delle persone che rifiutano di accettare la riduzione di stipendio non può qualificarsi come recesso disciplinare ma, piuttosto, è un licenziamento di natura oggettiva e, quindi, è necessario tenerne conto ai fini del calcolo del numero complessivo di licenziamenti effettuati.

 

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