Scarso rendimento dovuto alla malattia, illegittimo il licenziamento:
La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 903 del 2017, ha stabilito che è illegittimo il licenziamento per scarso rendimento dovuto alle ripetute assenze per malattia anche se non risulta superato il periodo di comporto.
E di licenziamento per scarso rendimento di cui alla sentenza 903/2017 della Corte di Appello di Milano ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (18.9.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Aldo Monea; Titolo: “Scarso rendimento, non contano le malattie”) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Il recesso per scarso rendimento del lavoratore è illegittimo se il datore considera anche le assenze per malattia, nonostante esse non superino il periodo di comporto. Inoltre, le disposizioni sulle sanzioni in caso di illegittimità del licenziamento, previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970), si applicano a tutte le ipotesi di recesso del datore che non siano disciplinate da specifiche norme. Lo ha deciso la Corte d’appello di Milano con la sentenza 903 del 18 aprile scorso (presidente e relatore Trogni).
La vicenda riguarda un lavoratore licenziato per scarso rendimento, in cui il datore di lavoro ha considerato, a quel fine, anche le assenze per malattia. Il caso, peraltro, si pone a conclusione di un lungo iter giudiziale e, in particolare, dopo un primo grado di giudizio, l’appello, una sentenza di Cassazione (16472 del 2015) che ha annullato il precedente giudizio e, appunto, la riassunzione presso la Corte d’appello.
Nella sentenza citata, la Suprema corte ha cassato la decisione di merito precedente, ponendo il principio secondo cui, in sede di valutazione del comportamento del lavoratore al fine del licenziamento di dipendenti (anche in aziende di pubblico servizio di trasporti) le assenze per malattia sono assoggettate a norme diverse da quelle tipiche del normale licenziamento per scarso rendimento. Infatti, lo scarso rendimento è caratterizzato da colpa del lavoratore, mentre le assenze dovute a malattia non lo sono. In tale ultima ipotesi, il recesso, invece, è giustificato, secondo le norme vigenti, solo quando si sia esaurito il periodo di comporto.
La Corte d’appello riesamina il caso, applicando i principi indicati dalla Cassazione. I giudici rilevano, innanzitutto, che il datore aveva fondato il licenziamento sullo scarso rendimento del lavoratore anche derivante da ripetuto ricorso all’istituto della malattia. La Corte stabilisce, tuttavia, che ai fini della configurabilità, nel caso in esame, dello scarso rendimento, non si può tenere in considerazione la malattia, che è fatto non imputabile al lavoratore e segue regole proprie.
Accertata l’illegittimità del licenziamento, i giudici di merito applicano l’ulteriore principio della Cassazione secondo cui l’articolo 18 della legge 300/1970 si applica a ogni ipotesi di invalidità del recesso del datore di lavoro, fatta salva la sussistenza di una diversa specifica disciplina. Pertanto, ritengono applicabile l’articolo 18 anche in caso di licenziamenti collettivi invalidi nel settore autoferrotranvieri.
La Corte d’appello, di conseguenza, dichiara l’illegittimità del licenziamento per scarso rendimento del lavoratore e condanna la società a reintegrare il dipendente in posizione lavorativa equivalente a quella precedentemente occupata, corrispondendogli il risarcimento del danno sino all’effettiva reintegra.