Licenziamenti collettivi, se l’azienda chiude comunicazione entro 7 giorni:
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 11404 del 2017 ha stabilito che anche nei licenziamenti collettivi per cessazione dell’attività aziendale con procedura di riduzione del personale, non può essere derogato il termine per l’invio della comunicazione circa i criteri di scelta dei lavoratori.
E di licenziamenti collettivi alla luce della sentenza 11404/2017 ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (11.5.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Comunicazione entro sette giorni se l’azienda chiude” che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Anche in caso di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività aziendale, riveste carattere essenziale e non può essere derogato il termine di 7 giorni per l’invio della comunicazione finale sull’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, prevista dall’articolo 4, comma 9, della legge 223/1991 (come riformulato dall’articolo 1, comma 44, della legge 92/2012).
Ad avviso della Cassazione (sentenza 11404/2017) è da respingere la tesi per cui, in presenza di una procedura di licenziamento collettivo giustificata con la chiusura totale dell’attività aziendale, si possa ritenere non vincolante il termine di 7 giorni, sul rilievo che, in tal caso, si produce l’azzeramento dell’intero organico e, dunque, non vi sarebbe alcuna esigenza di verificare l’applicazione dei criteri di scelta.
La Suprema corte rigetta questa lettura e conferma che, anche nei casi in cui il licenziamento collettivo faccia seguito alla decisione di cessare l’attività di impresa, il ritardo nell’invio all’Ispettorato del lavoro e alle associazioni sindacali della comunicazione contenente la puntuale indicazione, tra gli altri elementi, delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, non è in alcun modo sanabile.
Osserva la Cassazione che il rispetto dell’obbligo di comunicare ex post le modalità applicative dei criteri di scelta conserva la sua funzione di garanzia e di controllo anche in caso di dichiarata cessazione dell’attività aziendale, in quanto è necessario poter verificare che la decisione di eliminare l’organico aziendale non dissimuli fattispecie di segno differente, tra cui la cessione dell’azienda o la ripresa della medesima attività sotto diversa insegna o in diverso contesto territoriale.
Sotto questo profilo, prosegue la Suprema corte, il rispetto del termine per l’invio della comunicazione scritta non può essere derogato, mantenendo, anche in ipotesi di chiusura dell’attività aziendale, la funzione di essenziale controllo sindacale sulla effettività delle ragioni poste a fondamento dei licenziamenti collettivi.
A ulteriore conforto di questa conclusione si dà evidenza a quanto previsto dall’articolo 24, comma 2, della legge 223/1991, la quale stabilisce che le relative disposizioni procedurali si applicano anche nel caso di cessazione dell’attività. Per le stesse ragioni, conclude la Suprema corte, non può essere sanata la comunicazione inviata oltre il termine di 7 giorni, in quanto, al pari di ogni altro passaggio della procedura prescritta dagli articoli 4, 5 e 24 della legge 223/1991, il termine posto per la comunicazione finale riveste carattere essenziale.
Sulla scorta di questi principi, la Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento nei confronti di un dipendente, perché la comunicazione finale con indicazione delle modalità applicative dei criteri di scelta è stata inviata alle strutture pubbliche e alle associazioni di categoria oltre due mesi dopo la comunicazione dei licenziamenti ai lavoratori coinvolti.