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Lavoratore tossicodipendente, assenze lecite per terapia riabilitativa

Secondo la Corte Suprema di Cassazione è illegittimo il licenziamento del lavoratore tossicodipendente che si assenta dal posto di lavoro per sottoporsi a terapia riabilitativa (sentenza n. 1319 del 2017).

E di assenze del lavoratore tossicodipendente e licenziamento illegittimo di cui alla sentenza 1319/2017 ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (31.1.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Assenza lecita per il tossicodipendente”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

È illegittimo il licenziamento disciplinare di un dipendente risultato assente dal posto di lavoro per essersi sottoposto a una terapia riabilitativa connessa allo stato di tossicodipendenza da cui era affetto.

Nel sancire questo principio la Corte di cassazione (sentenza 1319/2017) osserva che, in base all’articolo 124 del Dpr 309/1990, i lavoratori che versino in uno stato di tossicodipendenza hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo necessario a seguire i programmi terapeutici e di riabilitazione. Pertanto, aggiunge la Corte, le assenze riconducibili alla permanenza in un centro di disintossicazione non possono essere ritenute ingiustificate e utilizzate per supportare un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Il caso esaminato dalla Cassazione era relativo a un dipendente che, a luglio 2009, aveva richiesto un periodo di aspettativa non retribuita per frequentare una struttura privata per esigenze riabilitative connesse al suo stato di tossicodipendenza. Verso la metà del mese successivo, pur in mancanza del consenso dell’azienda, il lavoratore aveva incominciato il programma di riabilitazione ed era rimasto assente dal lavoro per un protratto arco di tempo. A settembre, tre settimane dopo l’inizio del periodo di assenza, la società aveva concesso al dipendente, che nel frattempo aveva presentato una seconda istanza, l’aspettativa non retribuita.

A fine ottobre 2009 il lavoratore ricevette una lettera di addebiti disciplinari con la quale gli veniva contestato che le prime tre settimane di assenza (quelle precedenti la formale autorizzazione) erano da considerarsi ingiustificate. Su tale presupposto è stato, quindi, irrogato il licenziamento disciplinare.

La Corte d’appello di Napoli, riformando la sentenza del giudice di primo grado, ha annullato il licenziamento e disposto la reintegrazione del lavoratore, rimarcando che l’azione disciplinare era stata promossa tardivamente.

La Cassazione conferma la sentenza dei giudici partenopei e rileva che, ben oltre il mancato rispetto del requisito di tempestività dell’azione disciplinare, la condotta datoriale risulta contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto di lavoro. La Corte ha rilevato, a questo proposito, che è contraddittorio concedere un’aspettativa al dipendente in relazione alle proprie esigenze riabilitative e, in seguito, promuovere nei suoi confronti un’azione disciplinare per assenza ingiustificata con riferimento alle medesime necessità terapeutiche.

A ulteriore sostegno della decisione di rimuovere il licenziamento e di confermare il reintegro del lavoratore in servizio, la Cassazione osserva che il provvedimento sanzionatorio espulsivo è da ritenersi, comunque, ingiustificato, in quanto si pone in contrasto con la disciplina di legge che ha previsto, a tutela degli affetti da tossicodipendenza, il diritto di assentarsi dal lavoro per esigenze riabilitative.

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