Licenziamento collettivo, illegittimo senza indicazione dei criteri di scelta:
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 25554 del 2016, ha stabilito che il licenziamento collettivo è illegittimo se viene intimato senza la precisa indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, come si legge nella sentenza 25554/2016, “la determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, che si traduce in un accordo sindacale concluso dai lavoratori attraverso le associazioni sindacali che li rappresentano, deve rispettare non solo il principio di non discriminazione, sanzionato dalla L.n. 300 del 2970, art. 15, ma anche il principio di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell’obiettività e della generalità e devono essere coerenti col fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori”.
In particolare, ha proseguito la Corte, non essendo richiesto, per la legittimità del licenziamento collettivo, la giusta causa od il giustificato motivo e gravando sul lavoratore licenziato l’onere di allegare e provare la violazione dei criteri di scelta (legali o convenzionali), l’effettiva garanzia per il lavoratore licenziato è proprio di tipo procedimentale: il datore di lavoro comunica il criterio di selezione adottato “con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta” ed il lavoratore può contestare che la scelta sia stata fatta in “puntuale” applicazione di tale criterio. Ma, se il datore di lavoro comunica un criterio decisamente vago, il lavoratore è privato della tutela assicuratagli dalla legge predetta, perché la scelta in concreto effettuata dal datore di lavoro non è raffrontabile con alcun criterio oggettivamente predeterminato. Si finirebbe in realtà per predicare l’assoluta discrezionalità del datore di lavoro nell’individuazione dei lavoratori da licenziare; e tale non è certo l’impianto della L.n. 223 del 1991, artt. 4 e 5.” Occorre quindi la “puntuale indicazione” – come prescrive l’art. 4, comma 9 cit. – dei criteri di scelta e delle modalità applicative, nel senso che il datore di lavoro non può limitarsi alla mera indicazione di formule generiche, ripetitive dei principi dettati in astratto dalla disciplina contrattuale e legislativa sia pure specificamente riferiti ai singoli lavoratori che hanno impugnato il licenziamento, ma deve – nella comunicazione dallo stesso effettuata – operare una valutazione comparativa delle posizioni dei dipendenti potenzialmente interessati al provvedimento, quanto meno con riguardo alle situazioni raffrontabili per livello di specializzazione.