Trasferimento, opposizione, insubordinazione e giusta causa licenziamento:
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 23656 del 2016, ha stabilito che è licenziabile per giusta causa il dipendente che si oppone al trasferimento tentando di bloccare indirettamente la decisione aziendale con il rifiuto della consegna di documenti necessari.
E di trasferimento, insubordinazione e giusta causa di licenziamento alla luce della sentenza 23656/2016 ci parla anche l’articolo pubblicato ieri (23.11.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Opposizione formale al trasferimento”) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Il rifiuto del dipendente di far pervenire al datore di lavoro i documenti necessari ad attivare le pratiche per il suo trasferimento ad altra sede, reiterato in due occasioni, integra gli estremi della giusta causa di licenziamento. Né vale invocare una pretesa invalidità del trasferimento, ad avviso della Cassazione, per giustificare una forma di autotutela da parte del dipendente rispetto alla lesione dei suoi diritti contrattuali, in quanto il rifiuto di eseguire una disposizione aziendale preliminare al trasferimento, proprio per evitare il cambio di sede, costituisce insubordinazione e contravviene ai principi di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto di lavoro.
La Suprema corte ha raggiunto queste conclusioni con la sentenza 23656/2016, nella quale ha dato rilievo alla circostanza che il lavoratore non ha preliminarmente contestato sul piano formale il trasferimento, censurando che il medesimo si sia limitato a porre in essere un comportamento ostruzionistico diretto a impedire o, quanto meno, a ritardare l’efficacia del provvedimento aziendale.
Il caso sottoposto alla Cassazione ha coinvolto una guardia giurata di una società che fornisce servizi di sicurezza, che è stata licenziata per non aver fornito al datore di lavoro, che ne aveva fatto reiterata richiesta, i documenti necessari a ottenere il decreto prefettizio funzionale al suo trasferimento. In sede di impugnazione del provvedimento espulsivo, il lavoratore ha dedotto che la sua iniziativa ha costituito un rifiuto legittimo rispetto a una misura aziendale priva di giustificazione.
All’esito del primo e del secondo grado di giudizio il licenziamento è stato confermato. In particolare la Corte d’appello ha ritenuto che le ragioni aziendali alla base del programmato trasferimento costituissero una misura gestionale conservativa e alternativa alla collocazione in mobilità del lavoratore, rispetto alla quale il comportamento omissivo della guardia giurata si è posto come atto di insubordinazione.
Il lavoratore ha presentato ricorso per Cassazione e, tra le varie ragioni di gravame, ha rimarcato che nessun altro addetto della provincia di Roma era stato trasferito, essendo stato per essi confermata, al contrario, la cassa integrazione straordinaria. La Corte di cassazione non ha accolto le censure sviluppate dal dipendente e ha confermato che l’aver impedito al datore di lavoro di dar corso al trasferimento non ha costituito legittimo esercizio del diritto di autotutela in base all’articolo 1460 del codice civile, ma ha integrato gli estremi di un atto di insubordinazione.
Ripercorrendo le argomentazioni della Corte territoriale, la Cassazione chiarisce che il lavoratore, invece di frapporre una condotta omissiva rispetto alla consegna dei documenti richiesti dalla società per dar corso al suo trasferimento, avrebbe dovuto contestare il provvedimento aziendale in modo formale al fine di impedirne l’adozione.