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Disoccupazione cosa cambia con il decreto correttivo del Jobs Act:

Il decreto correttivo del Jobs Act andrà a modificare anche il decreto (D.Lgs. n. 150 del 14 settembre 2015) sui servizi per l’impiego e le politiche attive, intervenendo sulle norme relative ai disoccupati ed in particolare sulla sospensione dello status di disoccupazione nei seguenti casi: rapporto di lavoro subordinato di durata fino a sei mesi e percezione di redditi da lavoro dipendente fino a 8 mila euro (ricordiamo che il D.Lgs. n. 150/2015, invece, consentiva il mantenimento dello status di disoccupato anche con la percezione di redditi fino a 8mila euro).

E a parlarci nel dettaglio di disoccupati e delle novità che arriveranno con il decreto correttivo del Jobs Act è anche l’articolo pubblicato oggi (4.10.2016) dal Sole 24 Ore (firma: Gianni Bocchieri; Titolo: “Disoccupati sole senza reddito”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Il decreto correttivo del Jobs act modifica il decreto di riordino dei servizi all’impiego e delle politiche attive (Dlgs 150/2015), confermandone l’impianto originario. In particolare non è stata reintrodotta la conservazione dello status di disoccupazione, che avrebbe consentito ai disoccupati di rimanere tali anche a fronte di redditi da lavoro dipendente (fino a 8mila euro) o da lavoro autonomo (fino a 4.800 euro). Confermata invece la sospensione dello status di disoccupazione nel caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a sei mesi.

Nel decreto, invece, si specifica che in caso di rifiuto dell’offerta congrua si decade dallo stato di disoccupazione e quindi dalla Naspi, prima prevista solo in caso di mancata presentazione alle convocazioni e nel caso di più assenze dalle iniziative di politica attiva.

Pertanto sono considerati disoccupati coloro che rilasciano, in via telematica nel sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la dichiarazione immediata di disponibilità al lavoro (Did), a partecipare ai percorsi di politica attiva e a non rifiutare offerte di impiego congrue. Devono inoltre essere privi di qualsiasi reddito, con la sola eccezione di quello da lavoro accessorio con voucher fino a 3mila euro per anno (messaggio Inps 494/2016). I disoccupati percettori di Naspi devono rilasciare la «Did» (la disponibilità al lavoro) con la stessa domanda da presentare telematicamente all’Inps, che a sua volta la dovrà mettere a disposizione dei centri pubblici per l’impiego (Cpi), attraverso la banca dati percettori, almeno fintanto che non sarà costruito il sistema informativo unico che dovrà collegare l’Anpal, la stessa Inps e i Cpi.

Entro i 15 giorni successivi alla domanda di Naspi, i disoccupati dovranno confermare il loro status prendendo contatto con il Cpi territorialmente competente, individuato dall’Inps in quello del domicilio dello stesso disoccupato (circolare 194/2015). Durante lo stesso contatto, il Cpi dovrà anche determinare il “profiling” del disoccupato per misurarne la sua distanza dal mercato del lavoro e dovrà sottoscrivere il patto di servizio personalizzato, che individua le misure di politica attiva a cui dovrà partecipare per non perdere la Naspi. In mancanza di contatto spontaneo, il Cpi dovrà convocare il disoccupato e dopo tre mancate presentazioni senza giustificato motivo, dovrà decretarne la perdita dello stato di disoccupazione e chiedere all’Inps di non erogare più la Naspi.

In caso di mancata convocazione entro 60 giorni da parte del Cpi, i disoccupati potranno chiedere direttamente all’Anpal con una email, anche non certificata, le credenziali personalizzate per l’accesso alla procedura telematica di profilazione e per il rilascio dell’assegno di ricollocazione. In ogni caso, dopo quattro mesi di disoccupazione, il percettore di Naspi ancora privo di lavoro potrà chiedere il rilascio dell’assegno di ricollocazione al Cpi competente, per fruire di un’assistenza intensiva nella ricerca di un nuovo impiego anche da parte degli operatori privati accreditati.

Secondo questo modello, ai Cpi sono assegnate le funzioni esclusive dell’accoglienza e presa in carico, del profiling, della sottoscrizione e gestione del patto di servizio, del rilascio dell’assegno di ricollocazione e dell’applicazione della condizionalità. Agli operatori privati, le Regioni potranno assegnare i servizi specialistici di reinserimento nel mercato del lavoro, con l’applicazione dei costi standard definiti dall’Anpal.

A un anno dal Jobs act, questa nuova organizzazione del mercato del lavoro e la definizione dei percorsi di politica attiva non sono state realizzate. I disoccupati continuano a recarsi fisicamente presso i Cpi per l’accertamento del loro status, in assenza del sistema informativo. Inoltre, diversi provvedimenti attuativi non sono stati emanati, come i Dm per la definizione dell’offerta di lavoro congrua e l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire uniformemente sul territorio nazionale. Lo stesso assegno di ricollocazione sarà avviato tramite una sperimentazione con una delimitata platea di beneficiari. Infine, non è stato finalizzato il piano di rafforzamento dei Cpi, che rischiano di essere così relegati all’esecuzione delle sole attività affidate in esclusiva. Da questo punto di vista, il decreto correttivo avrebbe potuto semplificare la loro attività, consentendo la gestione di molte fasi dei nuovi percorsi di politica attiva attraverso il sistema informativo, comprese la compilazione e la sottoscrizione del patto di servizio, senza la necessità per il disoccupato di recarsi fisicamente presso un Cpi.

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