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Isee disabili e ridefinizione delle prestazioni assistenziali:

La L.n. 89 del 2016, come è noto, ha modificato la disciplina relativa all’ Isee disabili anche a seguito delle sentenze del Consiglio di Stato n. 838, n. 841 e n. 842 del 2016 e nello specifico nella parte relativa al calcolo. Si rende necessario quindi che gli enti erogatori dovranno ridefinire, alla luce delle novità introdotte, le prestazioni assistenziali a carattere monetario non più computabili (v. anche “Prestazioni previdenziali ai disabili esclusi dall’Isee”).

A parlarci di Isee disabili e ridefinizione delle prestazioni assistenziali è anche l’articolo pubblicato oggi (24.6.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Massimo Bigoni; Titolo: “Isee disabili, prestazioni da ridefinire”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Con l’approvazione della legge 26 maggio 2016, n. 89, il Parlamento, recependo un emendamento governativo presentato in sede di conversione del decreto legge 29 marzo 2016, n. 42, ha provveduto a modificare la disciplina dell’Isee approvata con il Dpcm 5 dicembre 2013, n. 159 nella parte relativa al suo calcolo per le persone disabili. L’intervento normativo si è reso necessario per recepire quanto deciso dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 838, n. 841 e n. 842 del 29 febbraio 2016, che hanno di fatto confermato quanto già stabilito nel febbraio 2015 (ossia solo dopo poco più di un mese dall’entrata in vigore del nuovo Isee) con le sentenze del Tar Lazio n. 2454, n. 2458 e n. 2459.

A fronte della posizione assunta dalla magistratura amministrativa, la scelta del Governo è stata quella di tornare alla modalità adottata con la precedente normativa (cioè con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109), prevedendo quindi:

l’esclusione dal calcolo dell’Indicatore della situazione reddituale (Isr) dei trattamenti assistenziali, previdenziali o indennitari non imponibili ai fini Irpef percepiti per ragioni connesse alla condizione di disabilità (indennità di accompagnamento, pensioni di invalidità, rendite Inail, ecc.);

l’abbandono del sistema di valorizzazione dei “costi” della disabilità, che aveva rappresentato una delle principali innovazioni della nuova disciplina Isee, con la previsione di franchigie reddituali forfettarie differenziate in relazione all’età della persona disabile (minore o adulta) e al grado della sua disabilità (media, grave o non autosufficienza) e di detrazioni connesse a determinate spese assistenziali, quali quelle sostenute per l’assunzione di collaboratori domestici e addetti all’assistenza alla persona e per il pagamento di rette di ospitalità giornaliera presso strutture residenziali;

la reintroduzione della maggiorazione dello 0,5 sulla scala di equivalenza per ciascuna persona presente nel nucleo familiare con un livello di invalidità superiore al 66%, che era stata adottata sin dall’originario decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

È evidente come si sia trattato di un intervento normativo assunto per fronteggiare una situazione di emergenza venutasi a determinare a seguito della pubblicazione delle citate sentenze del Consiglio di Stato. Si erano infatti moltiplicati i casi di auto-rideterminazione del valore Isee da parte delle persone disabili per il tramite del meccanismo della “contestazione” dei trattamenti assistenziali, previdenziali o indennitari erogati dall’Inps e acquisiti in automatico dal sistema informatico di gestione dell’Indicatore e, più in generale, era sempre più concreto il rischio di apertura di un contenzioso importante tra i cittadini disabili richiedenti le prestazioni sociali agevolate, gli enti erogatori delle stesse e l’Inps, nella sua qualità di ente titolare della funzione di calcolo dell’Indicatore e di certificatore del valore ottenuto.

Si apre adesso una fase che, seppure transitoria, impone agli enti erogatori delle prestazioni sociali agevolate (in primis i Comuni) un duplice sforzo, normativo e operativo.

Relativamente al primo aspetto, è la stessa legge 89/16 a prevedere che gli enti adottino entro trenta giorni dalla sua entrata in vigore (in pratica entro la fine del mese di giugno) gli atti di revisione dei regolamenti di accesso e di erogazione delle prestazioni, allo scopo di conformarli alle nuove disposizioni normative, con tutte le difficoltà che in tempi così brevi possono esserci sia nella valutazione dell’impatto delle eventuali modifiche da apportare (dal punto di vista dell’equità sociale e da quello della sostenibilità finanziaria), sia nell’iter approvativo, soprattutto per quelle amministrazioni che in questo periodo sono state impegnate nella tornata elettorale.

Sotto il profilo operativo, il principale adempimento richiesto agli enti è quello di ridefinire quali tra le prestazioni assistenziali a carattere monetario da essi erogate rientrano tra quelle che, in analogia a quelle di competenza dell’Inps, non sono più computabili ai fini Isee in quanto destinate a persone disabili (è il caso, ad esempio, degli assegni di cura o dei contributi per il pagamento di personale addetto all’assistenza previsti da numerosi enti locali). Dell’esclusione di tali trattamenti economici dal calcolo dell’Indicatore deve essere poi data adeguata comunicazione ai cittadini interessati e ai Caaf, in modo che non vengano più indicati nella Dsu, come invece doveva essere fatto prima del recente intervento normativo.

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