Anticipo pensionistico e rendita integrativa temporanea anticipata:
Torniamo sull’argomento relativo all’APE o anticipo pensionistico per segnalare che è in arrivo la Rendita integrativa temporanea anticipata, o secondo l’acronimo Rita, che consentirà al lavoratore aderente alla previdenza complementare ed over 63, intenzionato ad utilizzare il pensionamento anticipato, di fruire di parte della pensione integrativa per ridurre l’impatto economico che tale decisione comporta.
A parlarci di anticipo pensionistico è anche l’articolo pubblicato oggi (31.5.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Davide Colombo e Marco Rogari; Titolo: “Ape con anticipo della pensione integrativa”) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Si chiama «Rita». È l’acronimo di «Rendita integrativa temporanea anticipata». Ed è destinata a consentire al lavoratore “over 63”, che ha aderito alla previdenza complementare ed è intenzionato a utilizzare la flessibilità-pensioni, la possibilità di incassare parte della pensione integrativa per ridurre l’impatto dell’Ape (Anticipo pensionistico). Con il “vantaggio” di poter ridurre (anche dimezzare) il “prestito” bancario che consentirebbe di usufruire dell’assegno previdenziale anticipato. È l’ultima ipotesi di lavoro spuntata sui tavoli tecnici della cabina di regia economica di Palazzo Chigi, guidata dal sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini, che sta ulteriormente affinando il dossier per rendere flessibile la riforma Fornero.
Nel mosaico che si sta componendo per consentire l’uscita anticipata agli over 63 (i nati tra il 1951 e il 1953) con un assegno più o meno ridotto rispetto al trattamento di vecchiaia pieno, sulla base della categoria di appartenenza (disoccupato di lungo corso, lavoratore interessato da processi di ristrutturazione aziendale e uscite volontarie) e del reddito pensionistico, ci sono già alcune tessere inamovibili, mentre altre sono ancora ballerine. Tra i punti fermi c’è anzitutto il meccanismo del prestito, che sarà garantito dalle banche (sotto forma di cessione di prestito individuale) con un’assicurazione sui rischi collegati al processo di restituzione e senza un’esplicita garanzia pubblica. Anche la tempistica è ormai definita: si partirebbe con una sperimentazione di tre anni (per i nati dal 1951 al 1953, appunto), che dovrebbe riguardare anche i dipendenti pubblici, con l’obiettivo di rendere successivamente strutturale l’intervento.
Altre due tessere già inserite nel mosaico-flessibilità sono quelle degli oneri complessivi per la finanza pubblica, che non dovrebbero superare i 5-600 milioni di euro, e la durata dell’ammortamento per la restituzione a rate del prestito percepito per usufruire dell’assegno pensionistico anticipato: 20 anni. Certo è anche il ricorso alla certificazione dell’Inps. Con la possibilità per l’ente di diventare una sorta di snodo chiave di tutta l’operazione. Un altro punto fermo è il ricorso a detrazioni fiscali che scatteranno una volta percepito l’assegno anticipato innescando così uno dei meccanismi di selettività: saranno maggiori per chi ha redditi bassi e per i disoccupati di lungo corso in condizione chiaramente disagiata con conseguente quasi azzeramento della decurtazione dell’assegno anticipato (la traduzione in “penalizzazioni” del meccanismo del prestito) e più elevate per chi possiede redditi più alti e per le uscite volontarie, a carico delle aziende nei casi di ristrutturazione.
Ma una delle tessere ancora ballerine è proprio quella della calibratura delle “penalizzazioni”. La decurtazione media dovrebbe essere del 3-4%, ma sull’individuazione del punto minimo e del punto massimo ci sono ancora diverse opzioni sul tavolo. Questa gamma di “curve” sarebbe sotto la lente del sottosegretario Nannicini, che deve trovare la soluzione di equilibrio anche in prospettiva attuariale, tenendo conto non solo del pressing dei partiti e dei sindacati, ma anche dei vincoli dell’Europa. Con penalizzazioni troppo basse, e quindi generalizzate, si rischierebbe infatti di sconfinare nel terreno degli aiuti sociali a tutto campo che su questo versante è invece considerato impraticabile dall’Europa. Una maggiore gradualizzazione, con una forbice marcata tra il punto più basso e il picco più alto, garantendo decurtazioni molto soft solo a particolari categorie realmente disagiate, consentirebbe invece di superare tutti i test europei e di scongiurare il rischio di uno sfruttamento della flessibilità da parte degli interessati anche per altri fini (casi di non reale necessità). Tra i nodi da sciogliere ci sono poi quello dei lavoratori autonomi e del ricorso a strumenti accessori come la totalizzazione, un diverso meccanismo per il riscatto della laurea e gli accorgimenti per gli “usuranti”.
Ecco uno schema relativo all’APE, anticipo pensionistico che aiuterà a comprendere meglio tutta la situazione.
LE NOVITÀ
GLI INTERVENTI ALLO STUDIO
APE
L’Ape (Anticipo pensionistico) porterà a una riduzione dell’assegno anticipato per i soli over 63 (nati tra il 1951 e il 1953) variabile, anche per effetto di un apposito meccanismo di detrazioni fiscali, sulla base del numero di anni dell’anticipo, dell’entità dell’assegno percepito e della categoria di appartenenza: disoccupato di lungo corso, lavoratori interessato da crisi aziendali e uscite volontarie.
RITA
È l’acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata. Si prevede la possibilità per chi sceglie l’Ape per un ritiro anticipato di chiedere un trasferimento del capitale cumulato nel fondo pensione integrativo. In questo modo il lavoratore potrebbe chiedere un prestito Ape inferiore (per esempio del 50%) e integrare il suo reddito nei mesi di anticipo con il capitale ottenuto dal suo fondo pensione.
PRESTITO
L’assegno anticipato sarà erogato per gli over 63 facendo leva sul meccanismo del “prestito”, che sarà garantito dalle banche (sotto forma di cessione di prestito individuale). Sarà poi prevista un’assicurazione sui rischi collegati al processo di restituzione a rate ma non un’esplicita garanzia pubblica. Lo snodo chiave di questa operazione dovrebbe essere rappresentato dall’Inps.
PENALIZZAZIONI
La decurtazione dell’assegno anticipato deriverebbe dal “prestito” e dalle detrazioni fiscali che scatterebbero dopo l’uscita anticipata. Con una gradualità che sarebbe legata all’entità del reddito pensionistico e alla categoria di appartenenza (disoccupato di lungo corso, lavoratore interessato da processi di ristrutturazione aziendale, uscita volontaria). La penalizzazione media dovrebbe essere del 3-4%.
AMMORTAMENTO
La restituzione del prestito erogato dalla banca avverrà con un meccanismo a rate che scatterà al momento del raggiungimento del requisito di vecchiaia. L’ammortamento sarà ventennale e i rischi saranno garantiti da un dispositivo assicurativo. L’entità delle rate dipenderà dall’importo del prestito. Il loro impatto sarà attutito dalla detrazione fiscale che sarà usufruibile dopo l’uscita anticipata.
CERTIFICAZIONE
Il ruolo dell’Inps nel nuovo meccanismo di anticipo con prestito in fase di ideazione è cruciale. L’Istituto dovrà certificare l’assegno pensionistico (e la data di decorrenza) del lavoratore che fa richiesta dell’Ape. Sulla base di queste informazioni scatta il calcolo delle “penalizzazioni” con cui viene determinato l’anticipo e la portata dei rimborsi previsti con un piano di ammortamento ventennale.
COPERTURA
Il piano-flessibilità dovrebbe costare alle casse dello stato 500-600 milioni. Con un onere per la finanza pubblica molto inferiore rispetto a quello di altre proposte (Inps compreso). Nel costo del dossier dei tecnici del Governo rientra anche quelle per le detrazioni fiscale di cui beneficeranno, in diversa misura (selettività), i lavoratori interessati dopo aver incassato l’assegno anticipato decurtato con la formula del “prestito”.
SPERIMENTAZIONE
La cabina di regia economica di Palazzo Chigi sta lavorando su un intervento in chiave flessibilità che prevede una sperimentazione triennale (dal 2017 al 2019 per gli over 63 nati tra il 1951 e il 1953). Con l’obiettivo di dare, alla scadenza dei prime tre anni, una fisionomia strutturale al pacchetto di misure attualmente in cantiere per rendere più flessibile in uscita la riforma Fornero.
DETRAZIONI
Il prestito a chi vuole uscire in anticipo dal lavoro non comporterà alcuna garanzia reale. E una detrazione fiscale coprirà un pezzo del sacrificio. Lo ha annunciato qualche giorno fa il sottosegretario, Tommaso Nannicini. «Se chi vuole ritirarsi prima ha un reddito medio-alto – ha spiegato – il taglio dell’assegno sarà notevole. Invece sarà piccolo per i redditi bassi o per i disoccupati».
TOTALIZZAZIONI
Nell’ambito degli interventi di riordino si punterebbe a unificare le pensioni tra diverse gestioni semplificando la vita a tutti quei lavoratori che hanno avuto carriere più mobili. Il superamento delle ricongiunzioni onerose consente di collegare pezzi di storie contributive diverse senza più penalizzazioni. Si tratta di un intervento previsto anche nella proposta Boeri.
DIPENDENTI PUBBLICI
Il meccanismo di anticipo pensionistico costruito con un prestito bancario sarà riconosciuto anche ai dipendenti pubblici. Il requisito base resta quello anagrafico: donne e uomini per poter accedere all’anticipo fino a 36 mesi sulla pensione di vecchiaia dovranno aver compiuto 63 anni e sette mesi nel prossimo gennaio, quando scatterà l’Ape.
FONDI PENSIONE
Il Governo sta anche pesando di varare una mini-riforma della previdenza integrativa, che però, come tempistica, è collegata al taglio strutturale del cuneo. Se quest’ultimo intervento sarà anticipato al 2017, già con la prossima “Stabilità” verrà ridotta dei 3-4 punti l’aliquota sui rendimenti dei fondi pensione (ora al 20%) e sarà rafforzata la deducibilità dei versamenti.