Carta aziendale uso indebito e peculato continuato:
Condanna della cassazione per peculato continuato dovuto a uso indebito della carta aziendale per Augusto Minzolini in qualità di ex direttore di un telegiornale RAI e come tale incaricato di pubblico servizio (sentenza n. 6405 del 2016).
È questo l’argomento trattato da un articolo pubblicato oggi (18.2.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Patrizia Maciocchi; Titolo: “Peculato l’uso indebito della carta aziendale”) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Il direttore di un telegiornale Rai è un incaricato di pubblico servizio. Partendo da questo presupposto, la Cassazione (sentenza 6405) conferma la condanna per peculato continuato nei confronti dell’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, per l’uso indebito della carta di credito aziendale. La Cassazione respinge il ricorso del giornalista negandogli anche le attenuanti invocate per la particolare tenuità del danno economico causato alla Rai.
Minzolini, accusato di essersi appropriato di denaro pubblico per 65 mila euro dal luglio 2009 al novembre 2010, era stato assolto dal Tribunale, che aveva ritenuto mancante l’elemento soggettivo del reato: per i giudici, l’ex direttore non era consapevole di spendere soldi pubblici, ma certo di poter utilizzare per spese di rappresentanza la carta, consegnata dalla Rai. Di parere diverso Corte d’appello e Cassazione. Secondo i giudici, il senatore di Forza Italia, all’epoca dei fatti direttore del Tg1, aveva sistematicamente violato le regole aziendali che gli erano state formalmente comunicate e che dunque dovevano essergli note. Al giornalista è stato contestato un utilizzo pressoché quotidiano, giorni festivi compresi, della carta aziendale per cene, spesso a due, in ristoranti di lusso.
Non passa dunque la tesi della buona fede né la richiesta di applicazione delle attenuanti per aver risarcito un danno che il ricorrente riteneva di particolare tenuità (articolo 323 bis del Codice penale) in ragione del modestissimo valore delle singole appropriazioni (100- 150 euro a cena) e in relazione alla capacità economica della parte offesa. La Cassazione guarda invece al totale delle appropriazioni di denaro pubblico – oltre 65 mila euro – e alla gravità intrinseca dei fatti: la piena coscienza di abusi reiterati e commessi in un ruolo apicale.
Non serve neppure l’argomento della riparazione del danno, perché non è stata, come prevede la norma, volontaria: la Rai aveva messo in mora il ricorrente e trattenuto parte degli importi dalle buste paga.
Per quanto riguarda poi la natura pubblicistica del ruolo rivestito dal ricorrente, la Cassazione ricorda l’indubbia connotazione pubblicistica dell’attività di informazione radio-televisiva svolta dalla Rai. Un servizio caratterizzato dal preminente interesse generale ad un’informazione corretta e pluralista offerta ai cittadini.
Inoltre, nonostante la veste di società per azioni, peraltro partecipata totalmente da enti pubblici, la Rai è designata dalla legge come concessionaria di un servizio essenziale e sottoposta alla vigilanza di una commissione parlamentare. Per finire, la Radio Televisione Italiana è destinataria di un canone da utilizzare, soprattutto, per coprire i costi dell’attività che gli è propria: informare il pubblico.
MASSIMA…Si deve ritenere che il direttore di un Telegiornale Rai rivesta la qualità di incaricato di pubblico servizio, a prescindere dalla natura privata di tale società, in considerazione dell’indubbia connotazione pubblicistica dell’attività di informazione radio-televisiva svolta dalla Rai… che nonostante la veste di società per azioni, peraltro partecipata totalitariamente da enti pubblici è designata dalla legge quale concessionaria dell’essenziale servizio pubblico radio-televisivo; sottoposta a vigilanza da parte di apposita commissione parlamentare; destinataria di un canone avente natura di imposta, destinato precipuamente, tra l’altro, alla copertura dei costi dell’attività propria al suddetto servizio pubblico di informazione radio-televisiva