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Risarcimento lavoratrice per stipendio inferiore ai colleghi:

Il Tribunale di Aosta, con la Sentenza del 5 gennaio 2016 sul risarcimento lavoratrice per stipendio inferiore ai colleghi maschi con lo stesso suo inquadramento, ha stabilito che costituisce una violazione delle disposizioni sulle pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti di lavoro.

È questo l’interessante argomento trattato dall’articolo pubblicato oggi (21.1.2016) sul Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Stipendio inferiore ai colleghi: risarcita la dirigente penalizzata”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Il comportamento del datore di lavoro che si sia sostanziato nel riconoscimento ad una lavoratrice, inquadrata come dirigente, di un trattamento retributivo inferiore non solo a quello degli altri responsabili aziendali maschi inseriti nella medesima categoria d’inquadramento, ma anche di altri lavoratori con qualifica di quadro o impiegato, integra gli estremi di un’evidente violazione delle disposizioni tese ad assicurare pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti di lavoro.

È questo il principio espresso dal Tribunale di Aosta, sezione lavoro, con la sentenza del 5 gennaio 2016, nella quale la datrice di lavoro, sul presupposto della intervenuta violazione degli articoli 25 e 28 del Dlgs 11 aprile 2006 n. 198, è stata condannata ad un risarcimento danni, in favore della dirigente, pari alle differenze salariali tra la retribuzione più bassa percepita in costanza di rapporto e la retribuzione maggiore riconosciuta, viceversa, ai funzionari di livello apicale.

Il caso posto all’esame del Tribunale era relativo alla responsabile della Direzione Amministrazione, Finanza e Controllo del Casinò di Saint Vincent, la quale, oltre ad avere impugnato il licenziamento a lei irrogato sul presupposto di ragioni aziendali sostanzialmente fittizie, lamentava di aver ricevuto un trattamento economico nettamente inferiore rispetto ad altri dirigenti di sesso maschile presenti in azienda, nonché allo stipendio di altri dipendenti inquadrati in una qualifica più bassa (quadri e impiegati di I° livello).

Il Tribunale di Aosta, sia pur respingendo la domanda relativa all’asserita illegittimità del licenziamento, ha accolto le doglianze della lavoratrice sulla rivendicata disparità di trattamento retributivo, censurando la condotta datoriale per avere riconosciuto alla sola dirigente una retribuzione che risultava più bassa, fino al 40% in meno, rispetto a quella dei lavoratori di sesso maschile inquadrati in posizione apicale nell’ambito dell’organizzazione aziendale.

Il fondamento della decisione risiede, ad avviso del Giudice di Aosta, nella violazione degli articoli 25, comma 1, e 28, comma 1, del Dlgs 198/06, a norma dei quali si precisa, da un lato, che costituisce discriminazione diretta qualsiasi atto che produca un effetto pregiudizievole per le lavoratrici (o i lavoratori) in ragione del loro sesso e, d’altro lato, che la lavoratrice donna, a parità di prestazioni, ha diritto alle stesse retribuzioni riconosciute al lavoratore uomo.

Su tali presupposti normativi, conclude il Tribunale che la disparità di trattamento salariale rileva in sé, sotto il profilo oggettivo, e costituisce una forma di discriminazione a prescindere da ogni possibile disamina sull’intenzionalità del comportamento datoriale, in quanto ad assumere rilievo è unicamente la verificata sussistenza della disparità del trattamento retributivo deteriore subito dalla lavoratrice rispetto ai lavoratori maschi.

Dalla accertata violazione del principio di parità di trattamento salariale nei confronti della dirigente, in quanto lavoratrice di sesso femminile, è derivata la condanna del datore a un risarcimento danni che tenesse la dirigente indenne delle minori competenze salariali riconosciutele durante il rapporto di lavoro rispetto ai maggiori introiti dei lavoratori maschi a lei comparabili.

In un mercato del lavoro che risulta caratterizzato, ancora oggi, dalla cronica disparità dei livelli retributivi riconosciuti, pur a fronte di responsabilità professionali coincidenti, ai lavoratori in ragione dell’appartenenza al genere maschile o femminile la sentenza non è destinata a passare inosservata, in quanto ancora al solo dato oggettivo delle differenze stipendiali tra lavoratori uomini e lavoratrici donne, a prescindere da ogni accertamento sul piano soggettivo, la sussistenza di una componente discriminatoria.

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