Dimissioni telematiche e lacune del sistema:
Abbiamo già visto che dal prossimo 12 marzo partirà il sistema delle dimissioni telematiche che già presenta alcune lacune abbastanza rilevanti.
A chiarirci la questione è l’articolo pubblicato oggi (20.1.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Dimissioni, aggravio “telematico””) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
La nuova disciplina delle dimissioni (in vigore dal 12 marzo del 2016) presenta una lacuna abbastanza importante, che rischia di creare grandi problemi in sede di applicazione: la riforma non disciplina l’ipotesi, tutt’altro che irreale, in cui il dipendente dimissionario ometta di utilizzare la nuova procedura telematica per comunicare il proprio recesso dal rapporto di lavoro.
L’articolo 26, comma 8, del Decreto legislativo 151/2015 nega, infatti, categoricamente efficacia alle dimissioni (e alle risoluzioni consensuali) comunicate senza l’apposito modulo telematico introdotto dalla nuova normativa, salvo alcune eccezioni.
Questa previsione rischia di produrre effetti paradossali: se il dipendente si dimette con una semplice lettera, senza usare il modulo telematico, il rapporto non si interrompe e quindi il datore di lavoro deve attivarsi per chiudere formalmente il rapporto, licenziando il lavoratore dimissionario.
Ma perché il dipendente dimissionario dovrebbe scegliere di non seguire la nuova procedura telematica? Sicuramente la complessità della procedura non incentiverà il completamento dell’operazione.
Il dipendente, infatti, dovrà prima registrarsi presso il sito cliclavoro.gov.it, acquisendo delle credenziali di accesso (username e password), poi dovrà chiedere all’Inps il proprio Pin personale; dopo aver ricevuto per posta ordinaria tale Pin, il dipendente dovrà registrarsi sul sito dell’Istituto e solo allora potrà compilare (sul sito del ministero del Lavoro) il modulo delle dimissioni.
Anche quest’ultima operazione non si risolverà in un click, in quanto dovranno essere inseriti i propri dati personali, quelli del datore di lavoro e alcune informazioni riguardanti il rapporto intercorso.
Di fronte a questa complessità, non è irrealistico pensare che qualche dipendente dimissionario decida di disinteressarsi del modulo; potrebbe capitare, inoltre, che un dipendente non riesca a compiere tutte le operazioni, perché non ha accesso a internet, oppure non ha familiarità con la lingua italiana.
In questi casi, che sorte avrà il rapporto di lavoro? Le dimissioni comunicate senza il modulo telematico sono dichiarate inefficaci dalla nuova norma, e quindi il rapporto non viene risolto; se il datore di lavoro non prende provvedimenti, corre il rischio di ritrovarsi come dipendente, anche molti mesi dopo, un lavoratore che aveva senza dubbio scelto di interrompere il rapporto.
Per evitare questo rischio, il datore di lavoro dovrà avviare una procedura disciplinare, contestando al dipendente l’illecito e poi dovrà intimare il licenziamento, con tutte le incognite del caso.
In alternativa, con un po’ di buon senso, si potrebbe pensare di considerare risolto per fatti concludenti il rapporto, ma la legge non sembra ammettere nessuna ipotesi di risoluzione del rapporto alternativa all’utilizzo del modulo telematico.
Un altro problema rilevante riguarda il meccanismo della revoca: viene riconosciuto al dipendente il diritto unilaterale di revocare le dimissioni entro 7 giorni dalla compilazione del modulo telematico, senza la necessità di giustificare la decisione.
Che cosa accade se nelle more della revoca il datore di lavoro trova e assume un altro dipendente, in sostituzione di quello inizialmente dimissionario?
Può licenziare il neo assunto, oppure rischia di dover mantenere in vita entrambi i rapporti di lavoro?
Queste problematiche (e le rilevanti incertezze che generano) sembrano andare nella direzione opposta del provvedimento in cui si colloca la riforma, intitolato alla semplificazione delle procedure.