Privacy e telefonini aziendali:
L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, nel nuovo testo, consente al datore di lavoro di utilizzare i dati raccolti con gli strumenti di lavoro, come ad esempio i telefonini aziendali, a disposizione del dipendenti per i “fini connessi al rapporto di lavoro” e dunque anche per fini disciplinari nel rispetto però del codice della privacy.
Questo il tema dell’articolo di approfondimento pubblicato oggi (14.10.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Sergio Barozzi; Titolo: “Telefonini a prova di privacy) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Con il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori è possibile utilizzare i dati raccolti con gli strumenti di lavoro forniti al dipendente «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro».
La facoltà è concessa a condizione che al lavoratore sia data «adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli», il tutto nel rispetto del codice della privacy.
Una informativa carente infatti rende inutilizzabile in sede giudiziaria il materiale raccolto, così avviene per i dati raccolti al di fuori dell’ambito di legittimità del codice della privacy.
L’informazione dovrà perciò essere completa ed esaustiva e dovrà spiegare in modo dettagliato come il dispositivo può essere utilizzato, ma soprattutto come potranno essere fatti i controlli, e cioè per mezzo di quali strumenti, rispetto a quali attività o modalità della prestazione. Il datore di lavoro dovrà quindi, per esempio, informare il lavoratore del fatto che il Gps installato sul veicolo aziendale potrà tracciare i chilometri percorsi al fine di controllare la correttezza delle note spese, o che il tablet aziendale, per mezzo della applicazione installata, consente di verificare la durata della visita da un cliente o i tempi di realizzazione di una determinata attività.
Il datore di lavoro ha facoltà di controllo, ma il legislatore vuole che eserciti questo potere in modo trasparente, senza “trucchi ai danni del lavoratore”.
In questa logica si può ben dire che è illegittima l’introduzione di sistemi che abbiamo l’unico scopo di “spiare” il lavoratore e che non abbiano alcuna funzione tecnico organizzativa. Un software spia installato su un telefono aziendale non sarebbe legittimo per il solo fatto che il datore di lavoro ha detto al suo dipendente che il telefono può consentire l’ascolto a distanza.
Non solo, ma per essere certi che l’informativa abbia i requisiti di legge è consigliabile che le disposizioni sull’uso dello strumento contengano anche delle indicazioni in “positivo”, in modo da garantire la riservatezza del lavoratore attraverso la separatezza tra dati aziendali e dati personali. Ad esempio, l’abilitazione di un account di posta personale sul telefono aziendale. Su questo il legislatore è rimasto nel vago, quasi non si sia reso conto della differenza tra il dispositivo, le sue applicazioni ed i diversi account che su queste possono esistere.
Ma nel momento in cui è possibile monitorare da remoto l’attività lavorativa è chiaro che sull’uso del mezzo aziendale “promiscuo”, quale lo smartphone o l’auto, non ci si può riparare dietro il dito del “il mezzo non può essere utilizzato per fini personali”, ma si debba, viceversa, anche garantire la privacy del lavoratore nell’ambito di una divisione fra vita privata e attività lavorativa che resta tuttora.