Licenziamento per assenze reiterate:
Non è consentito il licenziamento di un dipendente per le assenze reiterate dal lavoro in base all’art. 3 della L.n. 604 del 1966 (giustificato motivo per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali e cioè, nel caso di specie, per scarso rendimento).
È quanto affermato dalla Sentenza n. 16472 del 2015 della Corte Suprema di Cassazione di cui si parla nell’articolo pubblicato oggi (7.8.82015) sul Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Le assenze “reiterate” non bastano per il recesso”) e che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
In presenza di reiterate assenze dal lavoro per malattia, il datore di lavoro non può licenziare il dipendente per un giustificato motivo di recesso in base all’articolo 3 della legge 604/1966 collegato allo scarso rendimento.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione la con sentenza n. 16472, depositata lo scorso 5 agosto. Precisano i giudici di legittimità, in questo senso, che le assenze per malattia non possono essere utilizzate per suffragare un licenziamento giustificato, alla luce anche di altri parametri soggettivi quali l’imperizia, la negligenza e l’incapacità, da una insufficiente prestazione da parte del lavoratore, in quanto la malattia viene in considerazione solo ai fini del superamento del periodo di comporto.
Le reiterate assenze dal lavoro riconducibili allo stato di salute possono determinare il legittimo esercizio del potere di risolvere il rapporto di lavoro, a parere della Cassazione, solo dopo il superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro in costanza di malattia, quale previsto dalla contrattazione collettiva o, in difetto, determinato secondo parametri equitativi.
Si evidenzia che la Cassazione afferma questo principio in netta ed esplicita contrapposizione ad una precedente decisione della stessa Suprema corte (n. 18678 del 4 settembre 2014) – che non aveva mancato di suscitare un ampio dibattito tra gli operatori – nella quale era stata confermata la legittimità di un licenziamento intimato sul presupposto che le ripetute assenze “a macchia di leopardo” effettuate dal lavoratore, per di più comunicate solo all’ultimo ed usufruite in prossimità dei giorni di riposo, erano indice di scarso rendimento e incidevano negativamente sulla produzione aziendale.
L’opinione contraria espressa nel precedente richiamato dalla Corte si pone in contrasto con un indirizzo consolidato della stessa giurisprudenza di legittimità, cui la Cassazione ritiene con quest’ultima pronuncia di dover dare continuità, secondo cui il datore di lavoro, anche in presenza di reiterate assenze del lavoratore per malattia, non può licenziarlo per giustificato motivo, ai sensi dell’articolo 3 della Legge 604/1966. A valle di questo assunto, la conclusione affermata in questa circostanza dai giudici di legittimità è che, ricorrendo una situazione caratterizzata da una serie di assenze del dipendente per malattia, il recesso datoriale può essere esercitato solo allo scadere dell’integrale decorso del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro.
Il caso affrontato nella decisione della Corte era relativo al dipendente di un’azienda di trasporti municipali che era stato licenziato per scarso rendimento sul presupposto, tra l’altro, delle reiterate assenze per malattia totalizzate nell’arco di alcuni anni. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento evidenziando che, alla luce della disciplina regolamentare specificamente applicata ai dipendenti delle aziende esercenti il servizio di traporto pubblico, l’esonero definitivo dal servizio per scarso rendimento era ricollegato al comportamento colpevole del lavoratore e prescindeva, invece, dalle assenze per malattia, le quali potevano dar luogo, sempre alla luce della disciplina regolamentare, unicamente ad un recesso datoriale ricollegabile ad inabilità al servizio.
La Cassazione ha aderito a questa prospettazione e, confermando sul punto la decisione della Corte territoriale, si è premurata di precisare che le assenze per malattia non possono essere poste a base di un licenziamento per giustificato motivo, ma unicamente costituire il presupposto per un licenziamento per superamento del periodo di comporto.