Apprendistato e alternanza scuola lavoro:
Il Jobs Act e il decreto “buona scuola” si propongono di combattere la disoccupazione giovanile con due strumenti: l’apprendistato e l’alternanza scuola lavoro.
Di questo parla un interessante articolo pubblicato oggi (3 agosto 2015) sul Sole 24 Ore (firma: Francesca Barbieri; Titolo: “Scuola – lavoro, cresce il ruolo delle imprese”.
Ecco l’articolo.
Apprendistato junior e alternanza scuola-lavoro: due vie per combattere la disoccupazione giovanile che il Jobs act e la legge sulla “buona scuola” hanno di recente rafforzato. E che puntano al forte coinvolgimento delle imprese.
Lo scenario di partenza, del resto, non è dei più confortanti: 2,4 milioni di Neet – che non studiano e non lavorano – nella fascia 15-29 anni, un triste primato sullo scacchiere europeo dove solo la Grecia è messa peggio di noi (26,7%). E un tasso di disoccupazione giovanile record al 44,2% a giugno, come evidenziato venerdì scorso dall’Istat.
Per rivitalizzare l’apprendistato di primo livello rivolto ai ragazzi dai 15 ai 25 anni – mai decollato con appena 3.400 giovani l’anno in progetti di formazione – il decreto 81 del 15 giugno ne allarga il raggio d’azione: non solo qualifica e diploma professionale, ma anche diploma di istruzione secondaria superiore e certificato di specializzazione tecnica superiore. Per la prima volta la norma parla chiaramente di un sistema duale, dove si integrano formazione e lavoro, con riferimento a titoli e qualifiche. Per i giovani iscritti a scuola si può attivare già dal secondo anno e la durata massima è di 4 anni. Per le aziende sono abbattuti i costi della formazione interna – al lavoratore è riconosciuto uno stipendio pari al 10% – ed esterna (non ci sono obblighi retributivi). In più, lo schema di decreto legislativo sulle politiche attive – varato dal Governo il 15 giugno e che dovrebbe ricevere questa settimana il parere delle commissioni parlamentari per poi tornare sul tavolo del Cdm prima della pausa estiva -prevede un mix di incentivi in via sperimentale. Per le assunzioni di apprendisti junior fino al 31 dicembre 2016: esonero dal “ticket” licenziamento e dal contributo dello 0,30% per la formazione continua, riduzione dal 10% al 5% dei bollini previdenziali per le aziende con più di 9 addetti, abbattimento del contributo Aspi per quelle artigiane. A disposizione 174 milioni di euro da assegnare alle Regioni, più «50/60 milioni per le imprese – spiega il sottosegretario Luigi Bobba – che saranno attribuiti sulla base dei contratti di apprendistato stipulati, ma anche del numero di ragazzi in alternanza scuola-lavoro ospitati. Puntiamo nel biennio a 20mila contratti di apprendistato e 40mila studenti in alternanza nei percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni».
Sul fronte dell’alternanza – lo strumento che punta a contrastare la dispersione scolastica e stringere i link tra aule e mondo produttivo – è in crescita il numero di imprese coinvolte. Sono state oltre 53mila nell’anno scolastico 2013/14 su un totale di 87.413 strutture ospitanti, in aumento del 18% in un anno, e anche Federmeccanica, la Federazione che riunisce 90 gruppi di imprese aderenti a Confindustria, ha avviato il programma «Traineeship»: la scorsa settimana è stato pubblicato il “bando” che apre le porte a 50 scuole superiori per sperimentare la formazione on the job e coinvolgere 200 classi, 5mila studenti e 600 docenti in tutta Italia. Il trampolino di lancio arriva dalla “buona scuola” (legge 107) che prevede dal 2016 un’iniezione di 100 milioni all’anno per l’alternanza. Un “tesoretto” rispetto al passato, visto che finora questo strumento si è retto sui fondi della legge 440/97: 11 milioni nel 2014, 19 per il 2015.
La riforma – dall’anno scolastico in partenza a settembre -prevede un minimo obbligatorio di 400 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno di istituti tecnici e professionali, mentre nei licei almeno 200 ore nel triennio. Le novità però si applicheranno solo agli studenti delle terze, per essere estese a quelli degli ultimi due anni nel successivo biennio. Oggi la durata media dei percorsi è di 96 ore l’anno. Con il nuovo corso gli “stage” si faranno in azienda, ma anche in enti pubblici, musei, enti sportivi riconosciuti dal Coni e si potranno svolgere anche d’estate e all’estero.
Per le imprese che attivano i percorsi di alternanza, la novità più importante della “buona scuola” riguarda l’avvio di un Registro nazionale presso le Camere di commercio dove si iscriveranno le aziende disponibili ad accogliere gli studenti in stage, indicando anche il numero massimo di giovani attesi e i periodi dell’anno in cui è possibile svolgere le attività. Da questo elenco il dirigente scolastico “pescherà” quelle con cui stipulare convenzioni.
L’obiettivo è creare un raccordo “vero” tra scuola e lavoro: nel 2013/14 il 60% dei programmi di alternanza si è sviluppato nell’ambito di un percorso annuale e solo il 15% ha riguardato un triennio. E se a essere coinvolte sono quasi la metà delle scuole (2.361, il 43,7% di quelle secondarie di secondo grado), gli studenti in alternanza sfiorano appena il 10% del totale. Minima, poi, la partecipazione dei liceali, di poco superiore al 2 %.