Retribuzione di posizione incarico dirigenziale comparto sanità
La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, su cui vi è contrasto, relativa ai presupposti per la spettanza della retribuzione di posizione, di cui all’art. 40 del c.c.n.l. dirigenza non medica del comparto sanità del quadriennio 1998–2001, ripreso dall’art. 33 del successivo c.c.n.l. 2002–2005, “ossia se sia necessaria la dimostrazione che l’incarico sia ricoperto, o che si sia in condizione di ricoprirlo, ovvero se sia sufficiente la previsione, nel contratto collettivo, della mera equiparazione a un livello dirigenziale” (Ordinanza interlocutoria n. 9388 del 8 maggio 2015, Presidente: P. Stile, Relatore: G. Napoletano).
Il caso all’esame della Suprema Corte la condanna dell’Azienda ospedaliera universitaria di Messina e l’Università degli Studi di Messina – (sia in primo che in secondo grado) – in favore di alcuni dipendenti della predetta Università in servizio presso l’allora locale Policlinico quali funzionari amministrativi, della retribuzione di posizione minima (fissa e variabile) e tanto in ragione dell’equiparazione tra il personale universitario e quello del comparto sanità ex art. 31 del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761.
Si legge nella suddetta Ordinanza interlocutoria n. 9388/2015 che la Corte di Appello di Messina, affermata la concorrente legittimazione passiva dei due Enti, “riteneva che la fonte dell’equiparazione era costituita dal decreto interministeriale 9 novembre 1982, il quale, ai fini economici, poneva automaticamente in correlazione le qualifiche universitarie con quelle ospedaliere, prescindendo dall’effettivo esercizio delle mansioni corrispondenti”. Dall’equiparazione, poi, sempre ad avviso della Corte di Appello, “derivava il diritto alla corresponsione dell’indennità di posizione minima, che la contrattazione collettiva considerava parte integrante del trattamento economico fondamentale”.
Avverso tale sentenza, ricorrevano per cassazione sia l’Azienda ospedaliera Università di Messina che l’Università degli Studi di Messina.
La Corte Suprema – come sopra – rinviava gli atti al Primo Presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite, stante il contrasto giurisprudenziale sulla materia.
(Fonte: Corte Suprema di Cassazione)