Jobs Act e nuova disciplina delle mansioni:
Lo scorso 20 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri ha presentato lo Schema di decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali e la nuova disciplina delle mansioni, in attuazione della L.n. 183/2014 (Jobs Act).
Ci occuperemo in questo articolo della nuova disciplina delle mansioni contenuta nel suddetto Schema di decreto.
Secondo la normativa vigente il datore di lavoro può procedere alla modifica unilaterale delle mansioni esclusivamente entro i limiti dell’equivalenza professionale e, ad eccezione di casi particolari consentiti dalla giurisprudenza, non si può demansionare un dipendente: in pratica ciò è consentito solamente per evitare un licenziamento o per motivi legati alla salute. Inoltre, l’ assegnazione a mansioni superiori per un periodo superiore a tre mesi fa scattare la promozione automatica e l’inquadramento superiore diviene definitivo ed irreversibile, con diritto altresì per il lavoratore del relativo adeguamento retributivo.
Come noto la disciplina delle mansioni è contenuta nell’art. 2103 del codice civile il quale verrà sostituito come segue dall’art. 55 dello Schema di Decreto Legislativo:
“2103. Prestazione del lavoro. – Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.
Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo.
- L’articolo 6 della legge 13 maggio 1985, n. 190, è abrogato”.
Ciò significa quindi che sarà consentito al datore di lavoro di modificare unilateralmente, anche in pejus, le mansioni dei suoi dipendenti in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono – come si è visto – sulla posizione del lavoratore.
Pertanto il lavoratore potrà essere assegnato anche a mansioni inferiori (ma di un solo livello, rispetto all’inquadramento posseduto) con conservazione della medesima retribuzione (ante demansionamento), fatta eccezione per gli elementi retribuitivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa (es. se una persona fa il turnista e ha una indennità di turno in caso di mutamento di incarico non gli verrà più corrisposta tale indennità).
Altre ipotesi di assegnazione di mansioni inferiori sono quelle “previste dai contratti collettivi, anche aziendali” e in caso di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale.
Sarà poi consentito in 3 specifiche ipotesi la modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della retribuzione, tramite i c.d. patti individuali assistiti, sottoscritti sia in sede sindacale che presso le DTL, che sono:
- “nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione”: per evitare cioè il licenziamento;
- per l’acquisizione di “una diversa professionalità”;
- per il “miglioramento delle condizioni di vita”.
Lo schema di decreto è altresì intervenuto sulle ipotesi di assegnazione del lavoratore a mansioni superiori.
In tal caso il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, inoltre l’assegnazione alle mansioni superiori diventa definitiva solo se “la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi” e quindi non più dopo tre mesi (come sopra si è detto).
Infine, per quanto concerne i trasferimenti, il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.