Diritto alla Indennità premio di servizio:
Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, a composizione di contrasto giurisprudenziale, nella Sentenza n. 24280 del 14 novembre 2014, hanno affermato il seguente principio: in caso di successione di plurimi rapporti di lavoro con un’amministrazione pubblica (prima alle dipendenze di un ente locale e poi dello Stato), il lavoratore ha diritto a percepire l’indennità premio di servizio, relativa al rapporto di lavoro con l’ente locale, sin dal momento dell’estinzione di quest’ultimo, senza che sia necessario attendere anche l’estinzione del nuovo rapporto alle dipendenze dello Stato. (Presidente L.A. Rovelli, Relatore: P. Curzio).
Come si legge nella sentenza n. 24280/2014, l’indennità premio di servizio (IPS) è disciplinata dalla legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali). Spetta ai dipendenti degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale e degli altri enti iscritti al fondo di previdenza ex INADEL, assunti con contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 e che cessino dal servizio, per qualsiasi causa, con almeno un anno ininterrotto di iscrizione all’Istituto (a seguito dell’estinzione dell’INPDAP e dell’ENPALS le relative funzioni sono state trasferite all’INPS, ex art. 21, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214). Si tratta di un istituto distinto da quelli concernenti altre categorie di lavoratori dipendenti di pubbliche amministrazioni, quali l’indennità di buonuscita, spettante ai dipendenti civili e militari dello Stato; l’indennità di anzianità, spettante ai dipendenti del c.d. parastato; il trattamento di fine rapporto (TFR), riguardante i lavoratori dipendenti da privati ed esteso ai lavoratori pubblici “contrattualizzati” assunti a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000, nonché ai dipendenti a tempo determinato con contratto di lavoro in corso al 30 maggio 2000 o stipulato successivamente.
Si rimanda per il resto alle ampie motivazioni contenute nella sentenza n. 24280/2014, allegata al presente articolo.
(Fonte: Corte Suprema di Cassazione)