Dati (provvisori) sui disoccupati:
L’ISTAT, con un comunicato stampa del 7 gennaio 2014, ha reso noti i dati provvisori sugli occupati e disoccupati.
In particolare a novembre 2014 gli occupati sono 22 milioni 310 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto al mese precedente (- 48mila) sia su base annua (- 42mila).
Il tasso di occupazione, pari al 55,5%, diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e rimane invariato rispetto a dodici mesi prima.
Il numero di disoccupati, si legge sempre nel comunicato stampa dal 7 gennaio u.s., pari a 3 milioni 457 mila, aumenta dell’1,2% rispetto al mese precedente (+ 40mila) e dell’8,3% su base annua (+264mila).
Il tasso di disoccupazione è pari al 13,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,9 punti nei dodici mesi.
I disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono 729mila. L’incidenza dei disoccupati di 15 – 24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari al 12,2%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 43,9%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti nel confronto tendenziale.
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,1% rispetto al mese precedente e del 2,2% rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività, pari al 35,7%, rimane invariato in termini congiunturali e diminuisce di 0,7 punti su base annua.
Dal Ministero del Lavoro tuttavia informano che il “numero assoluto di occupati nella fascia d’età 15-24 anni è rimasto stabile rispetto ai mesi precedenti” e che la crescita del tasso di disoccupazione è comunque influenzata “dal costante aumento dei cittadini che si attivano per cercare un lavoro, tanto è vero che il numero di inattivi a novembre è il più basso degli ultimi due anni”.
Tali dati, unitamente a quelli diffusi da Eurostat, confermano le difficoltà del nostro mercato del lavoro in linea con il quadro economico generale. Peggio di noi solo Spagna, Grecia e Croazia; meglio di noi Germania, Austria e Olanda.
Basterà il contratto a tutele crescenti a far invertire la rotta?