Quote TFR maturate durante CIGS
La Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con Interpello n. 33 del 17 dicembre 2014, ha fornito un parere a seguito della richiesta avanzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in ordine alla possibilità di richiedere il rimborso delle quote di trattamento di fine rapporto maturate durante il periodo di Cassa Integrazione Straordinaria per le società sottoposte alle procedure concorsuali e per quelle di cui all’art. 1, L.n. 291/2004, a prescindere dal rispetto dei termini di decadenza previsti dall’art. 5, comma 6, L.n. 223/1991, nonché dai periodi di eventuale interruzione del flusso di Cassa Integrazione per ripresa dell’attività lavorativa.
L’istante, inoltre, ha posto la problematica afferente alla maturazione o meno del TFR ex art. 2120 c.c. dopo la sentenza di fallimento, laddove trovi applicazione l’art. 86 del R.D. n. 267/1942 e il lavoratore fruisca del trattamento straordinario di integrazione salariale.
Il Ministero, in merito al primo quesito, dopo aver svolto le sue considerazioni al cui contenuto si rinvia, ha richiamato quanto chiarito dall’INPS con la circolare n. 141/1992 secondo la quale, per i periodi di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale nei confronti di aziende sottoposte a procedure concorsuali, ex art. 3 della L.n. 223/1991, il diritto al rimborso delle quote di TFR matura ai sensi dell’art. 2, comma 2, della citata L.n. 464, in considerazione del fatto che la concessione stessa presuppone la continuità dei rapporti di lavoro.
Qualora le imprese collochino in mobilità i propri dipendenti fuori dai limiti temporali indicati all’art. 5, comma 6, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di TFR maturate durante il periodo di concessione ex art. 3 della medesima Legge, tenuto conto che gli effetti della decadenza sopra citati non possono estendersi oltre le ipotesi espressamente previste, ovvero quelle di cui agli artt. 1 e 2 della L.n. 223/1991.
La disposizione di cui all’art. 5 citato riveste, infatti, natura “sanzionatoria” e deroga alla regola generale sancita dall’art. 2, comma 2, L. n. 464/1972, perseguendo la propria finalità solo laddove sia applicata ai casi di crisi con prosecuzione dell’attività aziendale e pertanto non potrà essere applicata al di là dei casi espressamente previsti; di conseguenza l’effetto decadenziale non potrà esplicarsi con riferimento ai casi di trattamento di integrazione salariale concesso ai sensi dell’art. 3 della L. n. 223/1991.
Il Ministero ha tuttavia ritenuto che la proroga per il secondo anno della crisi aziendale per cessazione di attività debba essere ricompresa nei casi indicati dall’art. 5, comma 6, in quanto la fonte normativa per l’approvazione dei programmi di crisi per cessazione di attività si rinviene nell’art. 1 della medesima L. n. 223/1991, mentre l’art. 1 della L. n. 291/2004 si limita a disciplinare la proroga per il secondo anno di una fattispecie prevista dalla L. n. 223/1991; la crisi per cessazione di attività costituisce, infatti, una fattispecie della causale di intervento per crisi aziendale.
In ordine ai periodi di eventuale interruzione del flusso di cassa integrazione salariale, appare opportuno invece ricordare che anche con riferimento alle imprese sottoposte a procedure concorsuali la ripresa dell’attività lavorativa può considerarsi quale evento interruttivo della sospensione, derivandone dunque l’impossibilità di ascrivere le quote di TFR a carico della CIGS (cfr. INPS mess. n. 14963/2010).
Per quanto concerne la terza questione, si legge ancora nell’Interpello n. 33/2014, il Ministero ha evidenziato che alla dichiarazione di fallimento non necessariamente consegue la cessazione del rapporto di lavoro, ma questa ha luogo solo laddove il curatore ritenga che non sia possibile, nemmeno in parte, la continuazione dell’attività dell’impresa. In quest’ultima ipotesi non sembra dunque che possano maturare ulteriori quote di trattamento di fine rapporto.
Ed infine il Ministero ha concluso che diversamente, nel caso di richiesta del trattamento straordinario di integrazione salariale concesso ai sensi dell’art. 3 della L. n. 223/1991, sussiste la continuazione reale e non fittizia del rapporto di lavoro con l’impresa fallita fino al termine di concessione del trattamento stesso.
Nel corso del periodo di fruizione della CIGS si ritiene pertanto che continuino a maturare le quote di TFR in applicazione dei principi sopra enucleati con riferimento alle società sottoposte a procedure concorsuali.
(Fonte: Ministero del Lavoro)