Indennizzo per i licenziamenti economici:
Come abbiamo già più volte ripetuto in precedenza, il DDL sul lavoro è stato definitivamente approvato al Senato. Sarà dunque compito del Governo, nei vari decreti legislativi, porre in atto concretamente la riforma del lavoro.
Innanzi tutto si procederà con la disciplina del contratto a tutele crescenti che, nell’intento del legislatore, dovrà diventare la forma contrattuale tipica del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Ma i profili di rilievo saranno costituiti dalle novità che riguarderanno il licenziamento e le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo.
Ovviamente la nuova disciplina si applicherà solamente ai contratti di assunzioni stipulati successivamente alla entrata in vigore del relativo decreto legislativo e non ai vecchi contratti di lavoro: si avrà pertanto una diversità di trattamento tra vecchi e nuovi assunti.
Tornando ai licenziamenti economici, la novità più eclatante è quella rappresentata dalla esclusione del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e la previsione, al suo posto, di un risarcimento economico certo e crescente con l’anzianità di servizio.
Ove con “certo” si intende la rimozione del potere discrezionale del giudice nello stabilire l’importo del risarcimento, a vantaggio di un sistema che stabilisca preventivamente un risarcimento compreso tra un minimo e un massimo di mensilità. Presumibilmente l’indennizzo potrebbe essere costituito dalla corresponsione di una mensilità o mensilità e mezzo per ogni anno di anzianità, fino al raggiungimento di un tetto massimo (e minimo) preventivamente stabilito per legge.
L’abolizione del diritto alla reintegra in caso di licenziamento economico sarà presumibilmente estesa anche ai licenziamenti collettivi in caso di violazione della procedura prevista dalla legge sui criteri di scelta.
La reintegrazione, invece, viene mantenuta limitatamente ai licenziamenti nulli e discriminatori (la disciplina resta pressoché la stessa dell’attuale), nonché a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare. Per questi ultimi, poi, il Governo dovrà “tipizzare” i casi in cui sarà mantenuto il diritto alla reintegra. Pertanto, anche nel caso in cui il giudice del lavoro ritenesse un fatto non così grave da meritare il provvedimento espulsivo (cioè il licenziamento), è presumibile che sia consentito esclusivamente l’indennizzo economico e non la reintegra, lasciando la possibilità di reintegrazione esclusivamente nel caso di totale insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.