Domande e Risposte sul licenziamento
Quando può essere licenziato un lavoratore?
Un lavoratore può essere licenziato per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo o oggettivo: il licenziamento per giusta causa (o licenziamento disciplinare) è quello determinato da un inadempimento contrattuale del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, mentre il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si verifica a seguito di inadempimento contrattuale del lavoratore che, pur essendo di notevole importanza, consente la prosecuzione del rapporto di lavoro durante il periodo di preavviso. Pertanto, mentre nel licenziamento per giusta causa il datore di lavoro è dispensato dall’obbligo di dare il preavviso, nel licenziamento per giustificato motivo il recesso deve sempre essere preceduto dal preavviso.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, infine, è quello determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (licenziamento economico, individuale o collettivo).
Attualmente quali sono le leggi che disciplinano i licenziamenti?
Le leggi che disciplinano i licenziamenti sono: la L.n. 604/1966 (licenziamenti individuali); la L.n. 300/1970 (Statuto dei diritti dei lavoratori); la L.n. 223/1991 (licenziamenti collettivi).
Il Job Act cosa stabilisce sui licenziamenti?
Per i licenziamenti disciplinari il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro potrà avvenire soltanto nelle ipotesi specificamente e dettagliatamente indicate nel DDL che modificherà la legge sul lavoro, attualmente all’esame delle Camere.
Invece, verrà cancellata la norma che prevede la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamenti economici manifestamente infondati e, al suo posto, verrà riconosciuto al lavoratore un risarcimento economico crescente in base all’anzianità di servizio.
Infine, per i licenziamenti discriminatori la normativa resta quella di sempre e quindi tali provvedimenti saranno considerati nulli, indipendentemente dalla motivazione addotta (religione, sesso, partecipazione ad uno sciopero, credo politico, ecc.) e comporteranno, indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, la reintegrazione in servizio e il risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegra.
Cosa stabilirà il Jobs Act in caso di licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo dal magistrato?
Il diritto alla reintegra nel posto di lavoro sarà limitato esclusivamente ai casi che verranno elencati dettagliatamente negli emanandi decreti legislativi attuativi della riforma del lavoro. Attualmente se il giudice accerta l’inesistenza della giusta causa, perché il fatto non sussiste ovvero il contratto collettivo (o il codice disciplinare) applicabile puniscono quel comportamento con una sanzione conservativa, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore a pagare una indennità non superiore a 12 mensilità .
Cosa stabilirà il Jobs Act in caso di licenziamento per motivi economici sarà ritenuto illegittimo?
In tale ipotesi il giudice non potrà più disporre la reintegra nel posto di lavoro, ma potrà soltanto stabilire un indennizzo economico certo e crescente in base all’anzianità di servizio (e comunque compresa tra 12 e 24 mensilità ). Attualmente il datore di lavoro, che occupa più di 15 dipendenti, e che intende procedere ad un licenziamento per motivi economici deve avviare la relativa procedura presso la D.T.L. territorialmente competente alla presenza altresì del lavoratore interessato dal provvedimento espulsivo. In tale sede si tenterà la conciliazione la quale, se fallisce, porterà al licenziamento del lavoratore. Nel caso in cui il giudice riconosca infondati i motivi del licenziamento non potrà più ordinare la reintegra nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato ma, come sopra si è detto, esclusivamente un risarcimento in denaro.
Quando entreranno in vigore le nuove norme?
Allo stato non è dato di saperlo, poiché dovrà essere approvato il DDL all’esame delle Camere e subito dopo il Governo dovrà emanare i relativi decreti legislativi attuativi.