Riassunzione con contratto a tempo determinato
Divieto di continuità del contratto a t.d. Intervalli.
La legge che regola il contratto a tempo determinato stabilisce che tra le medesime parti non possono essere stipulati due contratti a termine consecutivi ma tra il primo e il secondo deve intercorrere un determinato intervallo minimo di tempo.
In un primo tempo la Riforma Fornero aveva ampliato il periodo minimo di tempo che doveva intercorrere tra un contratto a tempo determinato e il successivo, ma il D.L. n. 76/2013, convertito con modificazioni in L.n. 99/2013, ha ripristinato, e in parte modificato, la situazione precedente la Riforma.
Nello specifico la normativa di cui sopra contempla due ipotesi distinte, in base alla durata effettiva del contratto a tempo determinato, dell’intervallo che deve intercorrere tra un contratto a termine e il successivo stipulato tra le medesime parti e cioè se:
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il contratto a tempo determinato ha una durata fino a sei mesi: il datore di lavoro deve rispettare un intervallo di 10 giorni successivi alla scadenza del primo contratto, prima di poter procedere alla riassunzione a termine del medesimo lavoratore; se tale intervallo minimo non viene rispettato il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
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il contratto a tempo determinato ha una durata superiore e a sei mesi: il datore di lavoro deve rispettare un intervallo di 20 giorni successivi alla scadenza del primo contratto prima di riassumere a termine il medesimo lavoratore (salvo le eccezioni sotto indicate); se tale intervallo minimo non viene rispettato il secondo contratto si considera a tempo indeterminato
E nello specifico il testo modificato al D.L. n. 76/2013 stabilisce al riguardo quanto segue:
“3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’art. 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato“.
La suddetta normativa inoltre prevede che il precetto che prevede le pause di 10 o 20 giorni non si applica, nel senso che è possibile ridurre o addirittura azzerare tali intervalli nel caso di:
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lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter (attività stagionali definite dal D.P.R. 7.10.1963 n. 1525, nonchè quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali);
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in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In tale ultima ipotesi quindi, la contrattazione collettiva, anche aziendale, può abbreviare le pause intermedie tra due contratti a tempo determinato (di 10 o 20 giorni, come si è detto) e può addirittura azzerarle, senza che da ciò derivi la conversione a tempo intedeterminato.
La normativa sopra indicata, in materia di scadenza del termine e successione di contratti (per effetto della disposizioni di cui all’art. 11, comma 4, D.Lgs. n. 368/2001) non viene applicata al personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzioni musicali previste dal D.Lgs. n. 367/1996, recante “Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato”.