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Rassegna massime Sez. Lav. Corte di Cassazione 2010

 Pensione di reversibilità (Cass. Sez. Lav. n. 207793/2010)

Assicurazione per l’invalidità, vecchiaia e superstiti – Pensione di reversibilità – Diritto all’integrazione al trattamento minimo – Finalità – Presupposti – Rapporti con l’adeguamento pensionistico – Autonomia – Sussistenza – Conseguenze.

“In tema di pensione di reversibilità, il diritto all’integrazione al trattamento minimo, chiaramente finalizzato a garantire all’assicurato, secondo i principi di cui all’art. 38 Cost., i mezzi necessari per vivere, gode di una sua autonomia che non lo rende parificabile al diritto ad un mero adeguamento pensionistico, posto che esso richiede, come si desume dal d.l. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983 nonché dall’art. 8 della legge n. 153 del 1969, la sussistenza di presupposti ulteriori rispetto a quelli comunque necessari per il trattamento pensionistico di base. Ne consegue la decadenza dal beneficio in mancanza di idonea e tempestiva domanda nei termini perentoriamente imposti dalla legge, avente ad oggetto il riconoscimento di detto diritto”.

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Società cooperative: contribuzione previdenziale (Cass. Sez. Lav. n. 19846/2010)

Contributi assicurativi – Sgravi contributivi – Regime – Opzioni – Conseguenze.

In tema di contribuzione, le società cooperative di servizi appartenenti alle categorie di attività lavorative comprese nell’elenco allegato al d.p.r. 30 aprile 1970, n. 602, possono scegliere, ai sensi degli artt. 4, 5 e 6 del citato decreto, purché la scelta riguardi la totalità dei dipendenti, tra le seguenti opzioni: a) un salario per giorni lavorativi convenzionali, fissati con d.m.; b) un salario convenzionale; c) un salario di fatto, purché non inferiore a quello determinato a norma dell’art. 4 e dell’art. 6, co. 7, del d.p.r. citato. Ne consegue che, laddove la società cooperativa abbia optato per la prima scelta, il periodo di occupazione mensile rilevante ai fini della corresponsione degli assegni familiari, dell’indennità di malattia e di maternità è quello di sedici giorni, trovando applicazione la previsione di cui al d.m. 27 maggio 1982 che, con il richiamare l’art. 4 del d.p.r. n. 602 del 1970, individua la base imponibile rilevante ai fini contributivi ed al relativo periodo di occupazione mensile”.

Lavoratori part-time: indennità di disoccupazione (Cass. Sez. Lav. n. 21518/2010)

Contributi assicurativi – Lavoro a tempo parziale – Computo del numero dei contributi settimanali al fine delle prestazioni pensionistiche – Soglia minima di retribuzione utile – Mancata riconduzione per legge al valore dell’opera lavorativa del lavoratore a tempo pieno, da rapportare al numero di ore del lavoratore a tempo parziale – Questione di legittimità costituzionale Riconoscimento dell’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti – Incidenza – Esclusione.

“In tema d’indennità di disoccupazione per i lavoratori part-time,poiché la determinazione di un’unica soglia minima retributiva per l’accesso all’indennità di natura previdenziale, con riguardo sia ai lavoratori a tempo pieno che a quelli a tempo parziale, costituisce un ingiustificato elemento di discriminazione a danno dei lavoratori part-time per l’uguale trattamento di situazioni disuguali dovuto alla mancanza di un sistema di riparametrazione

della retribuzione minima settimanale analogo a quello adottato dell’art. 1, co. 4 del d.l. n. 338 del 1989, convertito nella legge n. 369 del 1989, è rilevante e non manifestamente infondata per contrasto con gli art. 3 e 38 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, co. 1, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, nella parte in cui, in sede di computo del numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell’anno solare al fine delle prestazioni pensionistiche, non prevede che la soglia minima di retribuzione utile per l’accredito del singolo contributo ivi indicata venga ricondotta al valore dell’opera lavorativa del lavoratore a tempo pieno, e, quindi, rapportata al numero di ore settimanali effettivamente prestate dal lavoratore a tempo parziale”.

Condono previdenziale (Cass. Sez. Lav. n. 22560/2010)

Contributi assicurativi – Versamento senza riserva di ripetizione o con riserva invalida – Conseguenze – Azione d’inesistenza del debito contributivo – Rigetto – Fondamento – Sopravvenienza di normativa più favorevole – Irrilevanza – Fondamento.

“In tema di condono previdenziale la normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi è intesa a consentire l’immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati. Con la conseguenza che, pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 81, co. 9, della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida inseribilità delle clausole di riserva di ripetizione nella domanda di condono, qualora l’adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono avvenga senza riserve con riserva invalidamente formulata deve essere rigettata

la domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo per il venir meno di ogni contestazione contributiva con l’accoglimento della domanda di condono, mentre rimane irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento della somma prevista per il condono (e prima dell’inizio della causa per l’accertamento negativo dell’obbligo contributivo) di una normativa più favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva”

Tardività versamento contributi (Cass. Sez. Lav. n. 24803/2010).

Contributi assicurativi – Omesso o tardivo versamento dei contributi – Sanzioni civili e interessi – Applicabilità ex lege – Sussistenza – Diritto ad ottenere il rimborso dei medesimi contributi – Irrilevanza.

“Le sanzioni civili e l’obbligazione al pagamento per gli interessi conseguenti all’omesso o tardivo versamento dei contributi previdenziali costituiscono un effetto automatico ex lege dell’inadempimento senza che rilevi la sussistenza o meno del diritto ad ottenere il rimborso di detti contributi ai sensidell’art. 20 della legge 3 gennaio 1981, n. 6“.

Società di persone e configurabilità rapporto di lavoro subordinato (Cass. Sez. Lav. n. 23129/2010)

Lavoro subordinato – Società di persone – Rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci – Configurabilità – Condizioni – Fattispecie

“Nelle società di persone è configurabile un rapporto di lavorosubordinato tra la società e uno dei soci purché ricorrano due condizioni: a) che la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale; b) che il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la suddetta configurabilità, sicché anche quando esse ricorrano è comunque necessario verificare la sussistenza delle suddette due condizioni. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché il socio si era limitato a dedurre la sua partecipazione ai dividendi e alla gestione della società, circostanza in sé non decisiva, nonché la mancata corresponsione della retribuzione, così richiedendo alla Corte la diretta valutazione dei fatti)”.

Divieto di interposizione di manodopera (Cass. Sez. Lav. n. 23684/2010)

Divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro – Interposizione di manodopera vietata – Licenziamento del lavoratore intimato dal datore apparente o interposto – Inesistenza – Ratifica da parte dell’interponente – Esclusione – Fondamento – Fattispecie

“Nel caso di interposizione di manodopera vietata, il rapporto di lavoro si instaura effettivamente con l’interponente, sicché il licenziamento del lavoratore intimato dal datore apparente o interposto è non solo illegittimo, ma giuridicamente inesistente, con conseguente impossibilità di ratifica da parte dell’interponente, trattandosi di atto proveniente da soggetto estraneo al rapporto lavorativo. (Nella specie, relativa a rapporto

di lavoro svolto prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1° settembre 2003, n. 276, un’impresa aveva fatto illegittimamente ricorso a fornitura di lavoro temporaneo, destinando i lavoratori, in violazione del divieto di intermediazione di manodopera, ad un altro utilizzatore, con conseguente realizzazione di un rapporto contrattuale diretto con quest’ultimo).

Licenziamento per superamento periodo di comporto (Cass. Sez. Lav. n. 23920/2010)

Malattia del lavoratore – Periodo di comporto – Superamento – Licenziamento per tale motivo – Onere datoriale di comunicazione dei singoli giorni di assenza – Esclusione – Indicazione complessiva del periodo di assenza – Condizioni – Fondamento.

“Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile non al licenziamento disciplinare, ma a quello per giustificato motivo oggettivo. Ne consegue che il datore di lavoro, non ha l’onere di indicare le singole giornate di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive come la determinazione del numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l’onere, nell’eventuale

sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato.

Malattia del lavoratore – Periodo di comporto – Tempestività del licenziamento – Spatium deliberandi – Criterio temporale predeterminato – Esclusione – Valutazione caso per caso – Configurabilità – Fondamento – Valutazione – Necessità – Fattispecie.

“La tempestività del recesso conseguente al superamento del periodo di comporto deve essere considerata in relazione all’esigenza di un ragionevole spatium deliberandi che va riconosciuto al datore di lavoro perché egli possa convenientemente valutare nel suo complesso la sequenza di episodi morbosi del lavoratore in rapporto agli interessi dell’azienda. Ne consegue che il giudizio sulla tempestività, o meno, del recesso non può

conseguire alla rigida e meccanica applicazione di criteri temporali prestabiliti, ma va condizionato, invece, ad una compiuta considerazione di ogni significativa circostanza idonea a incidere sulla valutazione datoriale circa la sostenibilità, o meno, delle assenze del lavoratore in rapporto con le esigenze dell’impresa, in un’ottica delle relazioni aziendali improntata ai canoni della reciproca lealtà e della buona fede, che comprendono, fra l’altro, la possibilità, rimessa alla valutazione dello stesso imprenditore nell’ambito delle funzioni e delle garanzie di cui all’art. 41 Cost., di conservazione del posto di lavoro anche

oltre il periodo di tutela predeterminato dalle parti collettive, compatibilmente con le esigenze di funzionamento dell’impresa”.

Infortunio: accertamento natura professionale (Cass. Sez. Lav. n. 17971/2010)

Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – Infortunio professionale – Domande di mero accertamento – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento – Natura lavorativa dell’infortunio – Questione di pregiudizialità ex art. 34 c.p.c. – Esclusione – Fondamento – Conseguenze.

“La domanda di mero accertamento della natura professionale dell’infortunio, nonché, specificamente, della sussistenza del nesso di causalità tra infortunio e prestazione lavorativa (in assenza di una inabilità permanente residuata e indennizzabile) sono inammissibili, risolvendosi in richieste di accertamento di meri fatti, incompatibile con la funzione del processo che può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell’effetto giuridico tipico, cioè con l’affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio, onde i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé e per gli effetti possibili e futuri che da tale accertamento si vorrebbero ricavare. Né può ritenersi che la natura lavorativa dell’infortunio costituisca questione pregiudiziale al diritto alla rendita, come tale suscettibile, a norma dell’art. 34 c.p.c., di accertamento incidentale con efficacia di giudicato separatamente dall’esame della domanda principale, essendo invece uno degli elementi costitutivi del diritto medesimo”.

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