Periodo di comporto
Il lavoratore, durante l’assenza per malattia, ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Tuttavia il datore di lavoro, in base alle disposizioni del comma 2 dell’art. 2110 c.c., può recedere dal contratto una volta decorso il c.d. periodo di comporto. Ove per periodo di comporto si intende il periodo entro il quale il datore di lavoro è tenuto a tollerare l’assenza del lavoratore colpito da malattia, ossia il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro che spetta al lavoratore malato e cioè quell’arco temporale entro il quale il lavoratore malato continua a percepire la retribuzione o una indennità , nonostante la mancata effettuazione della prestazione lavorativa e durante il quale ha diritto alla conservazione del posto di lavoro
Per quanto concerne la durata del periodo di comporto di cui il lavoratore può usufruire si fa riferimento alle norme di legge, della contrattazione collettiva, dagli usi o secondo equità . Una volta superato il periodo di comporto, come sopra si diceva, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto, dando il regolare preavviso al lavoratore. Ovviamente anche in questo caso il recesso dal rapporto di lavoro dovrà essere tempestivo: non deve decorrere cioè un intervallo di tempo troppo lungo tra il rientro in servizio del lavoratore dopo la malattia ed il licenziamento, posto che l’inerzia prolungata del datore di lavoro nel comunicare il licenziamento potrebbe essere interpretata come rinunzia di avvalersene.
Secondo giurisprudenza consolidata del Supremo Collegio, poichè l’art. 2110 c.c. prevede una nozione ampia e generica di infortunio e malattia, ivi compresi anche gli impedimenti determinati da cause di lavoro, la contrattazione collettiva può prevedere periodi di comporto di differente durata a seconda che si tratti di malattia, infortunio o altri impedimenti. Ciò comporta che le assenze del lavoratore andranno distinte in base alla causa che le ha determinate (malattia, infortunio, ecc.) e sottoposte conseguenqualmente alla relativa disciplina contrattuale, non potendo concorrere complessivamente alla formazione tout court del periodo di comporto per malattia “generica”.
Come è noto vegono distitinti 3 specie di comporto:
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il comporto secco: ossia il periodo massimo di conservazione del posto in presenza di un’unica malattia, previsto da tutti i contratti collettivi;
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il comporto per sommatoria: le clausole collettive prevedono la possibilità di sommare tra loro più episodi morbosi, purchè verificatisi entro un determinato arco di tempo, al fine di verificare se superino o meno la durata massima dell’assenza entro la quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto;
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il sistema misto: caratterizzato dalla possibilità di licenziare solo dopo una certa durata di ogni evento morboso e comunque dopo che, in un determinato intervallo temporale, si sono sommate assenze per malattia oltre un certo numero di giorni.
Nel caso in cui il contratto collettivo preveda esclusivamente l’applicazione del c.d. comporto secco, il giudice – in caso di assenze discontinue del lavoratore per malattia – dovrà fare riferimento agli usi e all’equità , utilizzando il sistema del doppio termine di riferimento e cioè per determinare l’arco temporale massimo entro il quale procedere alla sommatoria delle assenze, dovrà tenere presente un “termine interno”, corrispondente alla durata del comporto secco previsto dal contratto collettivo ed un “termine esterno”, che può riferirsi, ad esempio, al periodo di durata del Ccnl. Tuttavia non è consentito in nessun caso al Giudice di ricorrere alla c.d. “analogia contrattuale”, ossia applicando la disciplina del comporto per sommatoria prevista da contratti collettivi appartenenti a settori diversi.
Giova evidenziare che nel calcolare il periodo di comporto debbono essere presi in considerazione anche i giorni festivi o non lavorativi quali la domenica e le festività e quelli effettivamente non lavorati, come ad esempio lo sciopero.
Non devono invece essere inclusi nel calcolo del periodo di comporto i periodi di assenza per malattia dovuti a gravidanza o puerperio nonchè le assenze per malattia imputabile al datore di lavoro.