Licenziamento collettivo e criteri di scelta
La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la recentissima decisione del 20 febbraio 2012, n. 2429 (Pres. Miani Canevari; Rel. Bandini; P.M. Matera), in tema di licenziamento collettivo e criteri di scelta, ha emanato il seguente principio: “In tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, non deve necessariamente interessare l’intera azienda, ma può avvenire, secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, nell’ambito della singola unità produttiva, o del settore interessato alla ristrutturazione, in quanto ciò non sia frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale. Anche la delimitazione del personale «a rischio» si opera in relazione a quelle esigenze tecnico-produttive ed organizzative che sono state enunciate dal datore con la comunicazione di cui all’art. 4, c. 3, l. 223/91“. Per licenziamento collettivo, come è noto, si intende quella fattispecie di licenziamento intimato dalle imprese con più di 15 dipendenti, che intendono procedere – in conseguenza della riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro – ad almeno cinque licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva nell’ambito della stessa provincia, salvo che, ai sensi dell’art.8, comma 4, le parti abbiano convenuto di prolungare il termine in sede di consultazione sindacale. Tale procedura può anche concludersi però con il licenziamento di un solo lavoratore purchè, al momento dell’avvio della procedura di licenziamenti collettivi, il datore abbia inteso procedere al licenziamento di almeno cinque lavoratori.
Il requisito numerico dei 15 dipendenti deve essere calcolato non riferendosi al momento in cui viene attivata la procedura, bensì avendo riguardo al normale organigramma produttivo o, in mancanza, all’occupazione media dell’ultimo semestre; in tale computo rientrano anche i lavoratori assunti con contratto di formazione le gli apprendisti.
Tale fattispecie di recesso datoriale, che deve essere comunque intimato al lavoratore in forma scritta a pena di inefficacia, presenta una procedura complessa, articolata in una fase sindacale e in una fase amministrativa tra loro collegate, prevista dagli art. 4 e 5 della L.n. 223/91, così sintetizzabile:
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l’impresa deve preventivamente dare comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali e alle associazioni di categoria di voler procedere al licenziamento di almeno 5 o più dipendenti;
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la suddetta comunicazione deve indicare: i motivi che determinano la situazione di eccedenza del personale; i motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee ad evitare i licenziamenti; il numero, della collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente; i tempi di attuazione del programma di mobilità; le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo; a tale comunicazione va allegata copia della ricevuta del versamento all’INPS del c.d. Contributo di ingresso, cioè di una somma pari a sei volte il trattamento inziale di mobilità spettante ad ogni lavoratore eccedente;
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copia della comunicazione e della ricevuta del versamento di cui sopra devono essere contestualmente inviate all’Ufficio provinciale del lavoro;
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una volta pervenuta tale comunicazione le rappresentanze sindacali aziendali e le associazioni di categoria possono chiedere un esame congiunto con il datore di lavoro allo scopo di esaminare le cause dell’eccedenza di personale e la possibilità di una utilizzazione diversa di tali profili professionali, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili del tempo di lavoro;
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la procedura di cui sopra deve essere esaurita entro 45 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione dell’impresa, la quale è tenuta ad informare l’Ufficio provinciale del lavoro, con comunicazione scritta, del risultato della consultazione e i motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori;
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se non viene raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro convoca le parti al fine di un ulteriore esame della vicenda, anche mediante formulazioen di proposte per la realizzazione di un accordo; tale esame deve comunque esaurirsi entro 30 giorni dal ricevimento da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro della comunicazione di cui sopra inviata dall’impresa;
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esaurita anche questa fase senza raggiungere un accordo, l’impresa ha la facoltà di licenziare i lavoratori eccedenti, comunicando per iscritto ad ognuno di loro il recesso nel rispetto dei termini di preavviso;
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l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in relazione alle esigenze tencico – organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti dai contratti collettivi di lavoro o, in mancanza di questi, nel rispetto dei seguenti criteri in concorso tra loro: carichi di famiglia, anzianità, esigenze tenico-organizzative e produttive;
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Il recesso datoriale è inefficace qualora sia intimato senza l’osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure sopra sinteticamente richiamate, ed è annullabile in caso di violazione dei criteri di scelta di cui sopra. Salvo il caso di mancata comunicazione per iscritto, il recesso può essere impugnato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento delle organizzazioni sindacali. Al recesso, del quale sia stata dichiarata l’inefficacia o l’invalidità, si applica l’art. 18 della L.n. 300/1970 e successive modificazioni;
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I lavoratori se in possesso dei seguenti requisiti oggettivi: anzianità aziendale di 12 mesi di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato vengono iscritti in apposite liste di mobilità; su tale lista di mobilità possono anche iscriversi, senza però diritto alla relativa indennità, anche lavoratori dipendenti di imprese artigiane o cooperative che occupano meno di 15 dipendenti (art. 4 L.n. 236/93).
L’iscrizione nelle liste di mobilità ha come finalità quella di agevolare il reinserimento nel mercato di lavoro di tali lavoratori e costituisce il presupposto per l’erogazione, da parte dell’INPS, dell’indennità di mobilità per un periodo determinato in base all’età del lavoratore, alla data del licenziamento e all’ubicazione dell’unità produttiva di appartenenza.