Permessi per assistenza ai disabili:
Il Ministero del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti sulla fruizione dei permessi per assistenza ai disabili per coloro che prestano servizio presso datori di lavoro che svolgono un servizio pubblico essenziale a seguito di un interpello proposto dalla Federimorchiatori.
La materia dei permessi per l’assistenza ai disabili è disciplinata dal D.Lgs. 151/2001 e dalla L.n. 104/1992 che, come è noto, riconoscono il diritto di assentarsi dal lavoro soltanto al verificasi di determinate condizioni legate al grado di parentela del soggetto che assiste il disabile e alla possibilità di garantire una adeguata assistenza. La lavoratrice madre o, in alternativa il lavoratore padre, hanno diritto al prolungamento del congedo parentale – entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino – fruibile in misura continuativa o frazionata per un periodo massimo non superiore a 3 anni (che comprendono anche il congedo ordinario), a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati e salvo che la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari. È tuttavia consentito ai lavoratori interessati avvalersi delle due ore di permesso giornaliero retribuito in alternativa al prolungamento del congedo.
L’art. 33 della L.n. 104/1992 riconosce poi il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito solo nel caso che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Tale diritto spetta al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che abbia il seguente grado di parentela con il disabile: coniuge o affine entro il secondo grado, parente parente o affine entro il secondo grado; parente o affine entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona disabile abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Inoltre i lavoratori che possono usufruire di tali permessi sono, oltre allo stesso dipendente in situazione di disabilità grave ed al coniuge, anche i parenti e gli affini entro il secondo grado e cioè genitori; figli (parenti di primo grado); nonni, fratelli, sorelle, nipoti (da intendersi come figli di figli) (parenti di secondo grado); suocero/a, nuora, genero (affini di primo grado); cognati (affini di secondo grado). In alcuni casi particolari (cioè quando il coniuge e/o i genitori della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età) tali agevolazioni possono essere estesa anche ai parenti ed affini di terzo grado delle persone da assistere. Si precisa che i parenti di terzo grado sono: bisnonni, zii, nipoti e cioè figli di fratelli e/o sorelle. Sono affini di terzo grado: zii acquisiti, nipoti acquisiti.
Invece per quanto riguarda l’elencazione delle patologie invalidanti l’INPS fa riferimento a quelle indicate dall’art. 2, comma 1, lett. d), numeri da 1 a 3 del D.L. n. 278/2000 (disposizioni di attuazione dell’art. 4 L.n. 53/2000, relativo alla fruizione dei congedi legati al verificarsi di eventi e cause particolari)
Nello specifico sono: “
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patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, posttraumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
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patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
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patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario“.
Tali patologie naturalmente devono essere comprovate dall’interessato a mezzo di documentazione medica rilasciata dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, dal medico di medicina generale o dalla struttura sanitaria in caso di ricovero o intervento chirurgico.
L’art. 33 cit. inoltre prevede che il diritto alla fruizione dei permessi di cui sopra non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona disabile, a meno che non si tratti dei genitori che assistono il proprio figlio poichè, in tali ipotesi, il diritto è riconosciuto ad entrambi, che possono fruirne alternativamente.
A questo punto giova evidenziare il concetto di “referente unico”, ossia colui che (come definito dal parere espresso dal Consiglio di Stato) assume “il ruolo e la connessa responsabilità di porsi quale punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito”.
Il Ministero pertanto ha chiarito che il referente unico è la persona che di fatto usufuisce dei permessi mensili per tutto il periodo di assistenza alla persona con handicap grave.
Per quanto concerne invece la possibilità di assistere contemporaneamente più soggetti disabili, la L.n. 104/1993 stabilisce che il dipendente ne può usufruire solo a patto che colui a cui presta assistenza sia il coniuge o un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona disabile abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Giova evidenziare inoltre che il co. 5 dell’art. 33 cit., prevede che il lavoratore che assiste un familiare con handicap grave abbia diritto a scegliere, ove possibile, la sede più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso (laddove per il domicilio si fa riferimento a quello della persona disabile da assistere, e non più quella del lavoratore).
Passando all’esame del caso che qui interessa, si evidenzia che la Federimorchiatori ha avanzato richiesta di interpello al Ministero al fine di conoscere il suo orientamento sulla corretta applicazione della disciplina in materia di permessi legati alle disabilità di cui all’art. 33 della L. n. 104/1992.
Nello specifico, la Federimorchiatori chiedeva al Ministero un parere in relazione al contemperamento del buon andamento della attività imprenditoriale “anche in considerazione degli obblighi derivanti dalla attività svolta in regime di concessione esclusiva, con il diritto all’assistenza da parte del disabile e di garantire la tutela di beni costituzionalmente tutelati quali la salvaguardia delle vita e della sicurezza in mare“.
Il Ministero del Lavoro, in risposta al suddetto interpello, precisava che la questione era stata affrontata nella risposta ad interpello n. 31/2010, ove venivano affrontate questioni legati alla:
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sussistenza di un preavviso con il quale i permessi devono essere richiesti dal lavoratore avente diritto;
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individuazione di chi datore di lavoro o dipendente stabilisce le date di fruizione del permesso;
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facoltà del dipendente di modificare unilateralmente la giornata programmata per la fruizione del permesso.
Il Ministero pertanto su tali questioni si era pronunciato rappresentando la possibilità per il datore di lavoro di richiedere una programmazione dei permessi, ad esempio con cadenza settimanale o mensile a condizione però che:
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il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza;
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tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad una effettiva assistenza;
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vengano rispettati criteri quanto più possibile condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze.
Il Ministero del Lavoro quindi a concluso, anche alla luce dell’orientamento di cui al parere n. 31/2010 di cui sopra e vista altresì l’analogia con la situazione rappresentata nell’interpello proposto dalla Federimorchiatori come segue: le soluzioni sopra indicate possono trovare applicazione anche alla questione sottoposta al suo esame dalla Federimorchiatori. Dovrà però essere tenuta in debita considerazione la circostanza che l’attività svolta dai datori di lavoro rappresentati è in regime di concessione esclusiva e, al pari del diritto all’assistenza del disabile, presiede beni costituzionalmente tutelati quali la salvaguardia della vita e della sicurezza in mare.
Il Ministero ha quindi ritenuto che l’ipotesi descritta dalla Federimorchiatori possa trovare soluzione in accordi, da prendere anche a cadenza mensile, con i richiedenti i permessi o con le loro rappresentanze aziendali. Tali accordi dovranno, pertanto, individuare una “programmazione tale da consentire, senza aggravio di costi per le aziende, l’armamento e l’equipaggiamento dei rimorchiatori di guardia previsti dalle concessioni o degli ulteriori rimorchiatori eventualmente di volta in volta richiesti dall’Autorità marittima per motivi di sicurezza“.