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Riposi giornalieri della madre e padre

Le lavoratrici madri hanno diritto durante il primo anno di vita del bambino ai c.d. riposi giornalieri. La loro funzione in origine era quella di consentire alla lavoratrice l’allattamento del bambino dopo la ripresa del servizio, cioè al termine dell’astensione obbligatoria dal lavoro. Ma i riposi giornalieri sono da considerare anche sotto un altro punto di vista, ossia per consentire alla madre la funzione di accudimento e cura tanto importante soprattutto durante il primo anno di vita del neonato. Pertanto, a norma dell’art. 39 del T.U. sulla tutela della maternità, il datore di lavoro deve consentire alla lavoratrice madre, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, di un’ora ciascuno (quindi complessivamente due ore), anche cumulabili durante la giornata lavorativa, se l’orario di lavoro è pari o superiore alle sei ore giornaliere. Invece se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore alle sei ore, il periodo di riposo è di un’ora.

Le ore di riposo sono considerate a tutti gli effetti come ore lavorative ai fini della durata e della retribuzione della prestazione lavorativa (con una indennità anticipata dal datore di lavoro e portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti all’istituto assicuratore) e comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.

L’indennità viene calcolata tenendo in considerazione tutti gli elementi utili della retribuzione e che concorrono a formare la c.d. Retribuzione globale, compresi gli elementi di carattere accessorio che di norma vengono corrisposti continuativamente e normalmente alla lavoratrice (e quindi paga base, scatti di anzianità, tredicesima mensilità, mensilità aggiuntive, ecc.).

Qualora il datore di lavoro mettesse a disposizione del personale asili nido od altre analoghe strutture presso l’unità produttiva o nelle immediate vicinanze, i periodi di riposo cui hanno diritto le lavoratrici sono ridotti della metà ciascuno, per cui in caso di orario di lavoro pari o superiore a sei ore, il permesso si riduce ad un’ora al giorno, mentre se l’orario di lavoro è inferiore alle sei ore giornaliere, il riposo è di mezz’ora.

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Le ore di riposo vengono di norma concordate tra la lavoratrice ed il datore di lavoro anche in base alle esigenze del servizio; una volta stabilite non possono essere spostate o soppresse.

Ai fini della fruizione dei riposi, la lavoratrice deve presentare domanda scritta al datore di lavoro con la specificazione delle ore di cui intende usufruire e la loro collocazione rispetto all’orario di lavoro giornaliero.

Tali disposizioni si applicano, a norma dell’art. 45 del T.U., come modificato dal D.Lgs. 119/2011, anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno dall’ingresso del minore in famiglia.

Anche il padre lavoratore dipendente, in alternativa alla madre, ha diritto ai periodi di riposo giornaliero durante il primo anno di vita del bambino nel caso in cui si verifichino determinate condizioni (art. 40 del T.U. sulla tutela della maternità e paternità) e cioè:

  • affidamento esclusivo del bambino, o bambini, al solo padre;

  • se la madre lavoratrice dipendente non si avvale dei periodi di riposo giornaliero (ne usufruisce quindi al suo posto);

  • se la madre non è una lavoratrice dipendente;

  • in caso di morte o di grave infermità della madre

Si rendono necessarie alcune precisazioni:

  • per lavoratrici non dipendenti, si intendono: lavoratrici autonome (cioè libere professioniste, commercianti, artigiane, coltivatrici dirette, colone, imprenditrici agricole professionali, mezzadre) che hanno diritto al trattamento economico di maternità erogato da altri Enti previdenziali o dall’INPS.;

  • secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale il decesso o la grave infermità della madre sono equiparate allo stato di affidamento dei figli esclusivamente al padre a prescindere dalla situazione lavorativa della madre (es. lavoratrice autonoma, commerciante, lavoratrice dipendente, ecc. );

  • l’ipotesi in cui la lavoratrice non si avvalga dei riposi giornalieri si verifica quando si tratta di dipendente che non può avvalersi dell’astensione facoltativa poichè appartiene ad una categoria professionale che non ha diritto ai riposi in questione, come ad esempio le lavoratrici domestiche, mentre non comprende i casi di lavoratrice madre che usufruisce al momento dell’astensione obbligatoria o facoltativa,

Infine occorre precisare che una sentenza della Corte Costituzionale del 2008 ha stabilito che i riposi giornalieri spettano al padre lavoratore anche nel caso di madre casalinga (parificata alla lavoratrice non dipendente) che sia impossibilitata però ad occuparsi della cura del bambino. Tale ipotesi si verifica quando la madre sia impegnata: in accertamenti sanitari, alla partecipazione a concorsi pubblici, sia sottoposta a cure mediche. Una direttiva del Ministero del Lavoro e poi una circolare INPS, entrambe del 2009, tuttavia hanno ribaltato la statuizione della Corte Costituzionale ed hanno stabilito che al padre lavoratore dipendente spettano senza eccezioni i riposi giornalieri anche nel caso di madre casalinga (non è necessario cioè che vi siano comprovate situazioni che non consentano alla madre di occuparsi del bambino).

Il padre lavoratore pertanto potrà usufruire dei suddetti riposi a partire dal giorno successivo ai tre mesi dopo il parto (cioè a partire dal termine del congedo obbligatorio della madre) o all’ingresso del figlio adottivo o affidatario in famiglia.

Il padre lavoratore che intenda usufruire dei riposi dovrà presentare domanda scritta al datore di lavoro e all’INPS

Nell’ipotesi di parto plurimo o adozione o affidamento di due o più bambini il T.U. sulla tutela della maternità e della paternità stabilisce all’art. 41 che i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre (cioè anche il padre ha diritto al raddoppio delle ore di riposo giornaliere).

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