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Occorre innanzi tutto definire la figura del dirigente. Si tratta di un prestatore d’opera subordinato con elevata professionalità che, in qualità di alter ego dell’imprenditore è incaricato della direzione di una intera organizzazione aziendale, o di un settore rilevante ed autonomo di questa. Il dirigente, c.d. apicale, quindi, svolge la sua attività con autonomia, ampi poteri e libertà di determinazione nell’ambito delle direttive generali impartite dall’imprenditore. Egli, con piena assunzione delle corrispondenti responsabilità, discrezionalmente prende le sue decisioni e con esse influenza l’intera vita dell’azienda, in vista del raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’imprenditore.

I dirigenti si distinguono quindi dagli impiegati con funzioni direttive proprio per la tipologia delle mansioni svolte che ha carattere molto ampio e riguarda la direzione di interi settori aziendali e, come sopra si è detto, con piena assunzione delle conseguenti responsabilità.

Inoltre il rapporto di lavoro con i dirigenti, per quanto concerne il suo svolgimento, presenta talune caratteristiche particolari, come ad esempio l’esclusione della disciplina in materia di orario di lavoro (infatti in caso di straordinario, il dirigente non ha diritto alla maggiorazione); assunzione con contratto a tempo determinato senza che ricorrano i requisiti previsti dalla normativa relativa (e cioè senza l’esistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo previsti per le assunzioni a termine)

Come è noto il licenziamento del prestatore di lavoro, secondo la disciplina prevista dall’art. 1 della L.n. 604/1966, può avvenire solo per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., o per giustificato motivo, ciò significa che l’imprenditore è obbligato a rispettare il regime vincolistico stabilito dalle leggi per poter procedere al licenziamento di un dipendente. Il datore di lavoro non può quindi licenziare un dipendente arbitrariamente e senza una motivazione ma, come sopra si diceva, solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.

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Tuttavia le regole previste dal regime vincolistico subiscono delle eccezioni proprio nel caso del rapporto di lavoro con i dirigenti. Questi particolari “zone” in cui non si applicano le norme garantiste in tema di licenziamento (L.n. 640/1966) rientrano nella c.d. area di libera recedibilità, ciò significa che è permesso al datore di lavoro di recedere dal rapporto con il dirigente senza alcuna necessità di motivazione (il c.d. licenziamento ad nutum che letteralmente significa licenziamento con un semplice cenno della testa).

Tra l’altro il datore di lavoro può licenziare ad nutum (ma sempre osservando il periodo di preavviso nei casi in cui ciò sia previsto) oltre che nei rapporti di lavoro con i dirigenti, anche con le seguenti categorie di lavoratori: atleti professionisti; collaboratori domestici; lavoratori assunti in prova; lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici.

Per quanto concerne il licenziamento dei dirigenti occorre precisare che il datore di lavoro, nonostante si trovi nell’area della libera recedibilità, è tenuto a rispettare i principi di buona fede e correttezza, non arbitrario nè discriminatorio. In caso contrario il datore di lavoro sarà tenuto a corrispondere al dirigente illegittimamente licenziato, oltre ai risarcimenti del caso specifico, anche l’indennità supplementare prevista dai contratti collettivi.

Il fatto che alla categoria dei dirigenti sia applicabile il licenziamento ad nutum è dovuto principalmente al particolare tipo di rapporto che lega dirigente e imprenditore, ove l’elemento fiduciario ricopre un ruolo fondamentale (non a caso il dirigente viene definito l’alter ego dell’imprenditore). Pertanto di norma il licenziamento ad nutum può essere validamente posto in essere nel caso in cui si verifichi una gravissima lesione del vincolo fiduciario, tale che non sia possibile la prosecuzione, pure provvisoria, del rapporto di lavoro (proprio come accade nella previsione dell’art. 2119 c.c.), ma anche nei casi in cui vi sia una riorganizzazione aziendale. In tale ultimo caso infatti sarà l’imprenditore che stabilirà, proprio in base alla fiducia, quali tra i dirigenti apicali continueranno a collaborare con lui, ai più alti livelli, nella gestione dell’impresa. Il licenziamento ovviamente deve essere comunque comminato per iscritto al dirigente a pena di inefficacia.

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