Il Tribunale di Roma, con la sentenza del 6 maggio 2019, ha stabilito che le regole del lavoro subordinato “non si applicano ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonostante sussista il requisito della cosiddetta etero-organizzazione, se il trattamento economico e normativo di questi rapporti è già disciplinato da specifici accordi collettivi” (dal Quotidiano del Lavoro del Sole 24 Ore del 14.5.2019).
Vediamo insieme i fatti di causa.
Con distinti ricorsi depositati il 13.7.2018, … adiva il Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro chiedendo di accertare e dichiarare che i rapporti di collaborazione coordinata intercorsi tra la società ricorrente e ciascuno dei convenuti erano legittimi e non erano in alcun modo riconducibili al rapporto di lavoro subordinato.
Deduceva di essere una società esercente attività di customer care tramite canali di front office e back office, assistenza commerciale e tecnica, gestione reclami; che i convenuti, dal 2016 al 2018, avevano stipulato con la ricorrente diversi contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento dell’attività di collaboratore “out bound” di call center, nell’ambito di due campagne telefoniche affidate in gestione dalla TIM s.p.a. ad … e afferenti la gestione dei disservizi tecnici eventualmente riscontrati dagli utenti di TIM sulla loro linee telefoniche fisse e/o mobili e/o su modem (campagna denominata “Collaudi”, afferente il Collaudo – disservizi tecnici; acc.); che nella campagna “Collaudi”, l’attività di collaboratore consisteva nel contattare utenti che avevano riscontrato un disservizio sulla loro linea telefonica e/o modem e per accertarsi che fosse andato a buon fine l’intervento tecnico richiesto e verificare che vi fosse stato un gradimento del servizio ricevuto proponendo eventualmente anche l’eventuale adesione a specifiche offerte bundle e/o a una particolare articolazione tariffaria dati più vantaggiosa (al fine di fidelizzare la clientela della committente Telecom per evitare o ridurre il più possibile il rischio di abbandono della stessa da parte dell’utente a seguito del disservizio); ecc.; che il collaboratore non aveva vincoli di orario, rimanendo libero di scegliere se e quando rendere la prestazione; che il collaboratore decideva quando rendere la prestazione; che il collaboratore comunicava alla ricorrente la sua disponibilità di giorno e di orario, prenotando la postazione; che in caso di eventuale mancanza di disponibilità a rendere la propria prestazione professionale, il collaboratore non era tenuto a giustificare la sua assenza e non era soggetto ad alcun tipo di sanzione disciplinare; che con comunicazione del 18.6.2018, i convenuti avevano impugnato tutti i rapporti di collaborazione intercorsi con la ricorrente, asserendo che gli stessi sarebbero stati illegittimi in quanto “sganciati da qualsivoglia progetto (del tutto inesistente), illegittimi nella forma e misura del compenso, posti in tessere per attività di back office/assistenza e in quanto l’attività sarebbe stata svolta secondo le caratteristiche della subordinazione”; che i convenuti avevano quindi affermato, per il tramite del loro legale, di avere diritto ad essere considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato ex tunc e di avere diritto a tutte le conseguenti differenze retributive; che era interesse della ricorrente adire il Tribunale di Roma, ove sussisteva la sede dell’azienda, al fine di vedere accertata la legittimità dei contratti di collaborazione intercorsi tra le parti. ;
Il Magistrato adito accoglieva il ricorso della società datrice di lavoro perché fondato.
In particolare, il Giudice del Lavoro escludeva la natura subordinata del rapporto di collaborazione coordinata intercorso tra le parti. Ed infatti i collaboratori potevano decidere autonomamente se svolgere o meno la prestazione: in particolare l’attività lavorativa poteva essere svolta solo a seguito di prenotazione, in una determinata fascia oraria, della postazione da parte del collaboratore, senza alcun obbligo da parte della società. Quindi – sempre ad avviso del Giudice – a tale rapporto di lavoro, che presentava tutti gli elementi della collaborazione coordinata – non andava applicata, come di fatto è avvenuto, la tutela prevista per il lavoro subordinato poiché l’azienda applicava ai collaboratori un accordo collettivo che definiva specificamente il trattamento economico e normativo dei collaboratori. E pertanto non era necessario, come pure stabilito dal D.Lgs. n. 81/2015, applicare la tutela prevista per il lavoro subordinato, avendo le parti sociali già definito tutte le regole applicabili ai collaboratori.